L'epopea di Lippi, leggenda che non pontifica
Da lì in poi, dopo avere ricordato gioiosamente la truppa di Zoff che si fa beffe del super Milan di Sacchi tutto con il braccio alzato mentre l’eroico Galia buca l’intera difesa e conquista San Siro e l’Uefa dominata dalla Juve proprio del Trap tornato in casa, arriva la straordinaria epopea di Marcello Lippi, che dimostra di saper vincere in Italia, in Europa e nel mondo dominando, con un gioco spettacolare e meno rigido rispetto alla rigida zona sacchiana, raggiunge la finale di Champions per 3 volte consecutive, domina ad Amsterdam e in ogni campo, diventa il punto di riferimento perfino del fantastico Manchester United di Ferguson, ogni anno perde i migliori giocatori, gliene prendono altri, poi va via, ritorna dopo anni ed è sempre lì, altri scudetti e altra finale di Champions, persa ai rigori senza il miglior giocatore della squadra. Lascia la Juve, va in Nazionale e vince i Mondiali. Lascia l’Europa e vince tutto in Cina e in Asia. Un mito di questo sport.
Dal suo addio al calcio, tuttavia, non lo leggiamo pontificare quotidianamente per demolire ogni proposta di gioco che non sia strettamente affine alla sua. Restando alla Juventus, vivremo poi la splendida squadra di Conte, imbattuta e aggressiva, record storico di punti in campionato e le prime di Allegri, tra un 7-0 al Parma, un 3-0 al Barcellona e due finali di Champions raggiunte superando le più forti squadre del continente, salvo poi arrendersi ai mostri in finale. Raggruppare tutte queste incredibili esperienze in un quantomeno superficiale “non ha mai toccato vette eccelse di gioco”, spiega bene la differente caratura tra il Sacchi allenatore e commentatore, che guarda con supponenza chiunque vinca in un modo diverso dal suo, dall’Allegri 2014/15 che pochi mesi dopo le sue critiche per una sconfitta con l’Atletico avrebbe poi rischiato di vincere tutti i trofei a disposizione fino a Inzaghi protagonista della grande stagione interista.