Quella volta che pure l’Avvocato si emozionò: "Forse la sua più grande gioia"

La Juventus, il grande amore di Gianni Agnelli, e la sera in cui il cuore di milioni di tifosi, anche quello del suo numero uno, battè più forte di tante altre volte

Effettivamente quel pallone ci mette una vita a entrare. Poco meno di tre secondi, per un cronometro. Un'eternità per un tifoso, cioè tutto il tempo in cui può provare le emozioni di una vita passata a soffrire e gioire per una squadra di calcio. Ma a un certo punto il pallone entra. Accidenti se entra! Supera nettamente la linea, dove viene disperatamente e inutilmente respinto fuori da Sonny Silooy. Ravanelli esulta con la maglia sulla faccia. L'Olimpico di Roma esplode in un boato di gioia. L'Avvocato, tuttavia, ha un'espressione perplessa. Si gira verso il nipote Andrea, che ha già le braccia al cielo e per sbloccarlo gli deve gridare: "Sì, è entrata, è entrata". Rassicurato, l'Avvocato cambia espressione e alza un braccio per festeggiare. È il 22 maggio del 1996, la finale di Champions League si gioca a Roma dove si sfidano Juventus e Ajax.

"Vialli come Michelangelo"

L'Ajax è favorito, la Juventus fa paura. Gli olandesi sono una squadra estremamente tecnica e hanno vinto la Coppa l'anno prima battendo il Milan, i bianconeri sono una squadra micidiale per intensità e agonismo, potendo comunque contare su fuoriclasse come Vialli, Del Piero, Paulo Sousa, Deschamps, Jugovic, Conte, Ferrara. L'Avvocato sente questa finale in modo particolare, ha studiato gli olandesi nella sua taverna di Villa Frescot, dove sul maxischermo rivede partite da tutto il mondo in diretta o attraverso videocassette. L'Ajax lo conosce bene e un po’ lo teme. Della Juventus di Lippi, invece, si è innamorato l'anno prima, quando ha vinto lo scudetto al primo colpo, trascinata proprio da Vialli, che lo ha finalmente convinto. Lo descrive così: "È come Michelangelo, il pittore che sa fare sculture". E forse questo gli regala una certa tranquillità artistica, così da dire, più a se stesso che ai microfoni che ha davanti: "Se loro saranno dei geniali pittori fiamminghi, noi saremo dei piemontesi tosti".

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Il rimpianto dell'Avvocato

Di piemontesi, in squadra, ce n'è in realtà solo uno (Michele Padovano, eroe dei quarti di finale contro il Real Madrid), ma il concetto è chiaro, perché se si veste la maglia della Juventus, alla fine, si sposa quell'identità coriacea e applicata, non importa se si è nati a Trstenik come Jugovic o a Napoli come Ferrara. Quanto l'Avvocato tenga a quella partita, d'altronde, la squadra lo ha capito nel corso della stagione e, soprattutto, nei giorni che precedono il match. Gianni Agnelli è vicinissimo alla squadra: il sabato, a quattro giorni dal fatidico mercoledì, diserta le prove di Montecarlo e va al Combi a vedere l'allenamento, che si chiude con una partitella contro la Primavera allenata da Antonello Cuccureddu.

"Lei, proprio a Roma, ci ha regalato uno scudetto meraviglioso", gli dice appena lo vede. Cuccu sorride e abbozza un sorriso, poi confesserà ai cronisti: "Me lo ricorda sempre, ogni volta che mi vede. Quel gol, effettivamente, è uno dei più importanti della mia carriera" (servì a sorpassare il Milan, fermato nella “fatal” Verona). Ma l'ex terzino e l'Avvocato parlano anche della partita che seguì il giorno di quel concitato scudetto del 1973: "La finale di Belgrado contro l'Ajax mi brucia ancora", spiega Agnelli a Cuccureddu, che risponde: "Non sa a me, Avvocato, non sa a me. Vycpálek mi lasciò in panchina".

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A Bruxelles una delle Juve più forti di sempre

Vinse la squadra di Johan Cruyff per 1-0 con un gol di Rep a inizio gara, che la Juventus di Anastasi e Altafini non riuscì a rimontare. La storia delle finali di CoppaCampioni (o Champions League che dir si voglia) è già maledetta per la Juventus. Agnelli ricorda con dolore quella del 1973, ma anche quella del 1983 non scherza. Era arrivato sicuro di festeggiare, forse troppo sicuro, al punto di aver prenotato un piccolo isolotto davanti ad Atene, dove si svolgeva la partita contro l'Amburgo, per celebrare la squadra con champagne e tranquillità.

Ritorna a Torino sul suo aereo a fine partita, dopo aver visto il popolo juventino sfilare fuori dalla stadio così mestamente da strappargli una promessa: "Dovete gioire, dovete farlo al più presto". Ma la finale di Bruxelles, conquistata da una delle Juventus più forti di sempre, costruita dall'Avvocato e da Boniperti con il preciso intento di conquistare la Coppa, non è una finale di gioia. Nonostante la Coppa vinta, l'Avvocato è sconvolto dalla tragedia del prepartita, non resta neanche per vedere il match, vola subito a Torino e si indispettisce del fatto che la Juventus abbia giocato (non sapeva ancora della richiesta, sostanzialmente obbligatoria, delle forze dell'ordine belga).

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"Preferisco Vialli a Schumacher"

Insomma, la quarta finale, quella di Roma, deve essere quella buona. Ma proprio i precedenti gli incutono ansia. E la incutono a tutto il popolo bianconero. Perché il vissuto di quelle esperienze, la storia interiore di quelle tre finali, accomuna l'Avvocato e qualsiasi tifoso della Juventus. L'unica differenza è il jet privato, poi i contorni dei sentimenti possono sovrapporsi in modo esatto. Le storie si unificano in una storia sola, le ansie e le speranze si fondono.

E in quell'allenamento, che Lippi ha chiuso a tutti, tranne che a lui, l'Avvocato porta i pensieri di milioni di tifosi bianconeri. Si esalta e quasi grida per due gol nella partitella, uno di Vierchowod, l'altro di Vialli. E riecheggiano le parole di una sua intervista concessa alla Rai il giorno prima: "Preferisco Vialli a Schumacher. Vorrei vincere la Coppa dei Campioni più che il Mondiale di Formula 1, anche perché è più difficile raggiungere la finale e non c'è di mezzo una macchina". Vialli si schermisce: "Non credo che preferisca me a Schumacher, ma cercherò di ricambiare questa fiducia".

I meriti di Umberto Agnelli

Per l'ultima volta. Lo ha già fatto ampiamente capire che sarà la sua ultima partita con la maglia della Juventus, nel suo futuro c'è l'Inghilterra e l'Avvocato un poco se ne dispiace, anche se sono i giorni in cui sta pregustandosi il nuovo giocattolo. "Ho visto Zidane nella finale di Coppa Uefa e mi è sembrato un ottimo giocatore. Mi piace molto e piace molto anche a Platini", dice compiaciuto. Zizou arriverà a giugno e non sarà amore a prima vista, ma è un'altra storia. Nei giorni precedenti al 22 maggio, l'Avvocato pensa solo alla squadra che andrà in campo.

Punta su Vialli, si affida alle magie di Del Piero che hanno portato la squadra fin lì; è ispirato dalla difesa di ferro e da un centrocampo di combattenti. Questa Juventus gli piace. L'ha costruita suo fratello Umberto e gli ha dato tutti i meriti in un'intervista alla Stampa ("Ha avuto ragione su tutto e su tutti"), ma proprio nei giorni in cui delega molto del suo potere all'interno dell'impero Fiat, sottolinea anche: "Io e mio fratello abbiamo sempre lavorato insieme sulla Juventus. Abbiamo anche sbagliato insieme, qualche volta invece no".

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La sfortuna di Conte, le garanzie di Peruzzi

E adesso c'è da vincere quella Coppa. Da vincerla con gioia. E quasi non gli pare vero quando Ravanelli porta in vantaggio la Juventus. Glielo deve dire suo nipote Andrea, ventenne e scatenato in quello che diventerà uno dei suoi stadi preferiti, proprio per i tanti ricordi felici, anzi proprio gloriosi. Poi arriva il pareggio di Litmanen alla fine del primo tempo. E risale l'ansia. Non tanta però, perché la Juventus gioca divinamente. "Gli abbiamo tritati", dirà poi Ravanelli riassumendo in modo efficace l'andamento della partita.

Non che l'Ajax non abbia le sue occasioni, ma la Juventus sembra più dentro la partita, sembra la squadra che vuole vincere più dell'altra. Un Torricelli sontuoso controlla la fascia destra, annullando Musampa e il futuro bianconero Davids; Jugovic che è entrato al posto dello sfortunatissimo Conte, domina il centrocampo e si infila ovunque nella difesa olandese; Peruzzi è una garanzia. Nel finale di partita, però, la paura di perdere blocca le due squadre. Anche i supplementari sono prudenti e si sfocia nei rigori.

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L'emozione dell'Avvocato

E l'Avvocato a quel punto se ne va. Lo racconta Evelina Christillin a Tuttosport molti anni dopo: "Per la prima volta nella mia vita, l’ho visto troppo emozionato per seguire i calci di rigore. Abbandonò? la tribuna per andare nel salone dell’accogl ienza e li? attese la fine, tesissimo. Il che fu davvero strano". Il cinico e ironico Gianni Agnelli sopraffatto dalle emozioni. Forse questo, più di ogni altro ragionamento o iperbole descrittiva, racconta cosa esattamente cosa è stata la finale di Roma per il popolo juventino, quella Coppa dei Campioni alzata nel cielo dell'Olimpico dopo l'ultimo glaciale rigore di Jugovic, il cui sorriso giocondesco, catturato dalla tv nell'attimo antecedente al tiro, regala ancora i brividi a generazioni di bianconeri.

L’Avvocato torna in tribuna dopo quel tiro, dopo l’urlo dello stadio, in tempo per il delirio degli uomini blustellati (quella seconda maglia è tuttora considerata la più bella casacca di riserva della storia juventina) e per vedere Vialli alzare la Coppa. Ricorda Christillin: "Insieme all’assegnazione delle Olimpiadi invernali a Torino, è stata forse la più grande gioia dell’Avvocato. Non era tipo da lasciarsi trasportare dalle emozioni, ma quella volta aveva una vibrazione nella voce, che trasmetteva una gioia profonda. Era un trionfo che si stava godendo". E insieme a lui, esattamente come lui, milioni di altri tifosi juventini.

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Effettivamente quel pallone ci mette una vita a entrare. Poco meno di tre secondi, per un cronometro. Un'eternità per un tifoso, cioè tutto il tempo in cui può provare le emozioni di una vita passata a soffrire e gioire per una squadra di calcio. Ma a un certo punto il pallone entra. Accidenti se entra! Supera nettamente la linea, dove viene disperatamente e inutilmente respinto fuori da Sonny Silooy. Ravanelli esulta con la maglia sulla faccia. L'Olimpico di Roma esplode in un boato di gioia. L'Avvocato, tuttavia, ha un'espressione perplessa. Si gira verso il nipote Andrea, che ha già le braccia al cielo e per sbloccarlo gli deve gridare: "Sì, è entrata, è entrata". Rassicurato, l'Avvocato cambia espressione e alza un braccio per festeggiare. È il 22 maggio del 1996, la finale di Champions League si gioca a Roma dove si sfidano Juventus e Ajax.

"Vialli come Michelangelo"

L'Ajax è favorito, la Juventus fa paura. Gli olandesi sono una squadra estremamente tecnica e hanno vinto la Coppa l'anno prima battendo il Milan, i bianconeri sono una squadra micidiale per intensità e agonismo, potendo comunque contare su fuoriclasse come Vialli, Del Piero, Paulo Sousa, Deschamps, Jugovic, Conte, Ferrara. L'Avvocato sente questa finale in modo particolare, ha studiato gli olandesi nella sua taverna di Villa Frescot, dove sul maxischermo rivede partite da tutto il mondo in diretta o attraverso videocassette. L'Ajax lo conosce bene e un po’ lo teme. Della Juventus di Lippi, invece, si è innamorato l'anno prima, quando ha vinto lo scudetto al primo colpo, trascinata proprio da Vialli, che lo ha finalmente convinto. Lo descrive così: "È come Michelangelo, il pittore che sa fare sculture". E forse questo gli regala una certa tranquillità artistica, così da dire, più a se stesso che ai microfoni che ha davanti: "Se loro saranno dei geniali pittori fiamminghi, noi saremo dei piemontesi tosti".

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