Thiago Motta era sottovalutato da giocatore e forse, all’inizio, anche da allenatore. Eppure chi ci ha giocato non ha dubbi: un genio.
"Giocare con lui è come giocare con un computer a cui dai la palla e lui sa esattamente qual è la cosa migliore da fare. Un po’ diverso da Pirlo, per parlare di un altro genio. Pirlo usciva da una situazione difficile, magari inventandosi un passaggio pazzesco. Thiago riceveva palla in qualsiasi condizione, anche la più difficile, e ne usciva con la giocata più semplice, perché era la più efficace. Come dice Allegri: giocare semplice è la cosa più... difficile nel calcio, Grande verità!".
Cosa ti rimane degli otto scudetti con la Juventus?
"Mi rimane un periodo intenso, bellissimo, nel quale si sono alternate varie squadre con la stessa capacità di avere un gruppo ben allineato per vincere. Io resto un grande nostalgico del primo scudetto da dove tutto è partito, a differenza del presidente Agnelli che guardava sempre a quello successivo, io ho nel cuore quel primo titolo. Dall’inaugurazione dello Stadium in poi è stata una stagione pazzesca, nella quale si è impressa quell’accelerazione che ha portato i successivi otto scudetti. Quell’anno non eravamo i più forti, ma siamo stati i più bravi. Ma di tutto quel ciclo mi rimane l’incredibile capacità di rivincere, perché fidatevi che rivincere è difficilissimo, perché quando vinci c’è sempre qualcosa che ti porta a mollare, i contratti, qualcuno che vuole fare la star... E invece in quegli anni alla Juventus non è stato mai sbagliato niente. Abbiamo avuto le nostre problematiche, ci mancherebbe, ma poi l’obiettivo di vincere prevale sempre su tutto e tutti".
Ultima, fuori tema: ti piace Sinner?
"Che domanda! Ha una mentalità straordinaria e un gruppo di lavoro che ha azzeccato tutte le scelte seguendo un percorso studiato e intelligente. Lui è al centro con il suo talento, intorno ha persone eccezionali che con lui non hanno sbagliato mezza mossa. E lo vedi dalla finale: passare da due set a zero con due palle break contro a vincere la finale è una brutale dimostrazione di forza mentale. Ci farà gioire tanto questo ragazzo. Anche questa cosa di Sanremo mi è piaciuta: lui pensa al lavoro e basta. Non che Sanremo possa essere una distrazione che ti comprometta chissà cosa, ma lui ha bene in testa gli obiettivi della sua carriera e che ci si arriva con il lavoro. E poi, diciamocelo, perché uno sportivo deve andare a Sanremo? Per prendere due applausi? Ma lui ha svegliato l’Italia alle cinque del mattino per la sua semifinale, non credo ne abbia bisogno".
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