Il parere
Se l’articolo 165 è il baluardo con cui difendere il monopolio dell’Uefa sulle competizioni calcistiche europee, il parere di Szpunar potrebbe essere esiziale se tenuto in considerazione dalla Corte Europea. Così come un altro passaggio piuttosto pesante: «Tuttavia, è importante ricordare che – contrariamente a uno Stato membro in quanto soggetto pubblico – soggetti privati come l’Uefa o l’Urbsfa, coerentemente con i rispettivi scopi, perseguono obiettivi di natura economica. Tali obiettivi possono talvolta essere in conflitto con gli obiettivi pubblici. Inoltre, l’Uefa e l’Urbsfa esercitano funzioni sia regolamentari che economiche. Poiché queste funzioni non sono separate, è inevitabile che sorgano conflitti di interesse. In altre parole, l’Uefa e l’Urbsfa si comporterebbero in modo irrazionale se cercassero di promuovere obiettivi pubblici direttamente contrastanti con i loro interessi commerciali». Questa affermazione applicata al caso Superlega suona così: se «l’obiettivo pubblico» è la libera concorrenza garantita dal Trattato (art. 101 e 102), potrebbe l’Uefa ammettere una competizione concorrente a quelle da lei organizzate? Nella risposta c’è la chiave per capire qual è il futuro del calcio europeo. Perché Szpunar ha espresso un parere così apertamente in contrasto da quello di Ranthos che si era occupato del caso Superlega? Difficile spiegarlo. Si tratta di una circostanza che gli stessi addetti ai lavori della Corte dicono di non avere mai vissuto. In linea puramente teorica Szpunar è il superiore di Ranthos, ma la questione qui non sembra essere gerarchica. Piuttosto bisognerebbe chiedersi: la Corte, quando deciderà sulla Superlega, di quale parere terrà conto? Probabilmente di entrambi, perché i due casi sono estremamente contigui e il parere del primo avvocato generale non viene mai sottovalutato, anche se - come tutti i pareri degli avvocati generali - non è in nessun modo vincolante per la Corte.