La questione
Questa regola, secondo i ricorrenti, infrange l’articolo 48 del Trattato dell’Unione sulla libera circolazione dei lavoratori (un déjà-vu per l’Uefa che su quell’articolo si ruppe il naso con la sentenza Bosman), perché favorisce i club che militano in grandi federazioni rispetto a quelli di piccole federazioni e impedisce una libertà di movimento dei calciatori fra le varie nazioni europee, attraverso la blindatura dei posti riservati a chi è cresciuto in una certa federazione. Un tema complesso e solo apparentemente secondario, perché influisce in modo significativo sul calciomercato (ci sono giocatori che vengono scelti dai club proprio perché hanno quelle caratteristiche burocratiche, anche a dispetto di una valutazione puramente tecnica). Il nocciolo della questione, per l’Uefa e il futuro del calcio europeo, è però nelle considerazioni più generali del cinquantunenne avvocato polacco Szpunar. Uno degli argomenti sviluppati in modo molto ampio da Szpunar è, infatti, l’articolo 165, che tratta l’istruzione, i giovani e lo sport all’interno del Trattato dell’Unione e che nel parere sul caso Uefa-Superlega del suo collega Ranthos, era stato il muro difensivo eretto a difesa del monopolio dell’Uefa. Sosteneva Ranthos che, sì, era effettivamente un monopolio, ma ammesso in nome dell’autonomia dello sport e della promozione del modello europeo dello sport, garantiti dall’aticolo 165.