Pagina 4 | Nadal-Federer, nati per il tennis: battaglie epiche, amici e quello scherzo a Wimbledon…

Quattro parole per chiudere una storia cominciata venti anni fa. «È giunto il momento». Segue la firma: Rafael Nadal Parera. Una breve frase, lapidaria quanto basta a far riemergere i “coccodrilli” scritti ormai da mesi, che sguazzavano nel grande stagno della commozione. Postumo in vita, anche lui… Gianni Clerici titolò così uno dei suoi libri. I coccodrilli dei giornali sono borsette dove nascondere l’ultimo ricordo dei grandi. Quello di ieri, invece, è l’atto finale di una carriera da vera star, ma è solo un addio ai campi del Tour, non al resto, non al tennis, e nemmeno alla stagione in corso, che si concluderà con la Davis a Malaga. L’ultima Davis di Nadal.

Il saluto di Rafael Nadal

Così, non è stata una sorpresa l’addio giunto con un video che ricorda vittorie e famigliari, parenti e avversari, attraversato qui e là dallo sgambettare di un bimbo bellissimo, che con le racchette del padre gioca a farle cadere come soldatini. Piuttosto, equivale a un ciao, il saluto di un ragazzo che ha imparato a parlare al mondo da Manacor, 40 mila abitanti, nella zona ovest di Maiorca, che Rafa e lo zio Tony hanno avviato a diventare uno dei capisaldi del nostro sport futuro, grazie all’Accademia che sarà insieme scuola per diventare tennisti, e università per professionisti sempre migliori. Nato per il tennis, Rafa Nadal. Anche lui, proprio come Roger Federer. Eppure diverso, lontano. Talmente lontano che viene da pensare sia stato un bisogno di giustizia a promuovere questo secondo avvento tennistico del Duemila, tre anni dopo il primo Slam vinto da Roger. Grazie a Rafa gli opposti si sono serrati, fino a combaciare. Il nero con il bianco, lo yin con lo yang. E il tennis ha assunto la forma di una sfera chiusa, esatta, equilibrata. Come una pallina.

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L'inizio dell'età dell'oro

La svolta avvenne nel 2005. Rafa e Roger per la prima volta di fronte al Roland Garros, in una semifinale che terminò a lume di candela. Era l’avvio di una nuova fase. Il capitolo iniziale di una storia inedita, tutta da scrivere. Valeva la pena chiedersi quanto sarebbe potuta durare. Oggi lo sappiamo, Federer è giunto a 20 titoli dello Slam, ed è un record enorme; Nadal ha conquistato 14 Roland Garros e con essi 22 Slam in tutto. Un’egemonia sulla terra battuta fuori da qualsiasi logica terrena. Pura fantascienza. Mai il tennis aveva calato sul campo due tennisti così totalizzanti. E così mirabilmente antitetici. Federer, 24 anni da compiere, aveva finalmente un avversario; Nadal, 19 compiuti proprio quel giorno, aveva già allora un obiettivo definito: contrastare il Più Forte. Lo svizzero avrebbe dato al tennis le giocate cristalline, i colpi impossibili, lo avrebbe elevato verso vette incontaminate accostandolo all’arte, capace di trasmettere emozioni tramite la creatività e la sua espressione estetica. Con Rafa, invece, a vincere erano l’energia, la passione, la frenesia, il furore agonistico. La gioia di essere positivi.

Alla scoperta di Nadal

Vinse Nadal. E vinse anche il primo titolo a Parigi… Il mondo andò allora alla scoperta del ragazzo di Manacor, e tutto era già pronto per soddisfare i palati più esigenti. Via le maniche, fuori i bicipiti, ecco Mowgli, il ragazzo della jungla. Era un investimento deciso da tempo. Milioni di dollari in cambio di un tipo che facesse moda. Insolito. Selvaggio. Vincente. Ma con un cuore grande così. Gli uomini del business cercavano un nuovo Agassi, ne scovarono uno ancora più simpatico e vicino alla gente: carismatico ma border line, ragazzo di strada e bravo figlio, sguardo da gladiatore, fisico da surfista, un chico capace di conquistare tutta l’America, Nord e Sud. Impatto mediatico garantito. Colori elettrici, pantaloni tagliati a metà polpaccio, muscoli esposti. Un tennista da discoteca al mare. E vittorie da capogiro: 92 tornei, 14 Roland Garros, 2 Australian Open, 2 Wimbledon, 4 US Open, 36 Masters 1000, 2 ori olimpici (singolare 2008, doppio 2016), 209 settimane in testa alla classifica, e 5 Davis.

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Una famiglia all'insegna dello sport

Famiglia di sportivi, la sua, e di zii. Il più famoso era Miguel Angel Nadal, stella del Barça e delle furie rosse, gloria di Spagna, 12 titoli nazionali tra cui 5 campionati, e 4 trofei internazionali con una Champions. Il maestro era zio Toni, che aveva dei campi da tennis vicino Majorca. È stato lui a far crescere Rafa da mancino. Ma lo è solo nel tennis. Il resto Nadal lo fa con la destra. Mentre l’amico Carlos Moya, altro maiorchino e n.1, che poi gli ha fatto da coach, è l'esatto contrario: destro nel tennis, mancino nella vita. «Siamo persone buffe, noi di Maiorca». La famiglia lo considerò adulto solo dopo la vittoria al Roland Garros. Fino a quel momento, Rafa aveva seguito la procedura richiesta da casa Nadal per le sue uscite serali: si presentava a papà Sebastian e gli chiedeva il permesso. Usciva con una ragazza del posto, fidanzata con lui sin da bambina. Maria Francisca Perello, Xisca, laureata, oggi moglie di Rafa, organizzatrice nella sua Accademia e madre di Rafael, che da grande, se farà il tennista, avrà uno dei nomi più ingombranti da portare con sé.

Nadal, a scuola da Federer

Vinto quel primo Roland Garros, Rafa pensò che fosse giunta l’ora di imparare a giocare sull’erba. L’idea era quella di farsi istruire da Federer. Decise di chiedergli consiglio, ma gli mancò il coraggio. Delegò allora uno dei manager dell’Atp, amico di entrambi, Vittorio Selmi. Così, Vittorio andò a parlamentare con Roger, gli spiegò tutto, compresi gli imbarazzi del giovane Rafa e Federer architettò subito lo scherzo. Attese che Nadal fosse nello spogliatoio, disse a Selmi di farsi trovare lì, ed entrò sbattendo la porta. Si rivolse a Vittorio, seduto di fianco a Rafa… «Allora, chi è questo rompiscatole con cui devo giocare?». Rafa cominciò a dimezzarsi, a diventare sempre più piccolo, mentre Roger continuava a starnazzare e a inveire. Alla fine, dal grumo che poco prima era ancora Nadal si sollevò un dito e una voce esile riuscì a dire… «Veramente, sarei io». Lo scherzo finì fra risate e abbracci, con Federer e Nadal in campo ad allenarsi insieme. Imparò così bene, Rafa, che alla terza finale sull’erba consecutiva contro Federer, nel 2008, riuscì a batterlo, in un match che fece Storia. Due set avanti Rafa, poi il riaggancio, infine una quinta frazione simile a uno scrigno ricco di gioielli decisa da un break al quindicesimo game. Cambiava tutto, ora il tennis era nelle mani di Nadal. Lo sport è scritto dai vincitori, e Rafa aveva conquistato Parigi e Wimbledon nella stessa stagione, mentre Roger aveva dovuto rinunciare al record dei sei titoli consecutivi sull’erba, uno più di Borg. Ma era una Storia destinata a cambiare ancora. Federer tornò a vincere negli Slam, e a Wimbledon, e negli ultimi anni anche a battere Rafa come non gli era mai capitato in passato. E nella disputa s’inserì Novak Djokovic, che forse i due all’inizio sottovalutarono. Oggi il record degli Slam, 24, è suo.

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Competizione e rispetto: l'amicizia di Rafa e Roger

Da queste storie, e da altre più o meno simili, è nata l’amicizia fra Rafa e Roger, sono nate battaglie epiche, le pagine più belle del nostro sport, e le lacrime dei due nel giorno dell’addio di Federer. Chissà se l’annuncio di ieri ha commosso Roger. Se devo giocarmi un euro, dico di sì. E pazienza se qualcuno continua a pensare che l’amicizia nel tennis sia impossibile. Loro l’hanno riempita di tutto ciò che serve: rispetto, sintonia, amore condiviso per il proprio sport. E poi, chi ha detto che i poli opposti debbano essere anche amici? L’unico aspetto necessario è che combacino. Come loro due…

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Competizione e rispetto: l'amicizia di Rafa e Roger

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