Plusvalenze, Juve condannata. E le altre? Il perché del silenzio e le anomalie

Le inchieste sugli altri club vanno a rilento o sono proprio ferme: si aspettano notizie dalle Procure, compresa quella federale

Il tema della doppia o tripla velocità di alcuni fascicoli rispetto ad altri sul fronte plusvalenze e dintorni pare non incontrare grande successo sui media e nell’opinione pubblica: inflitta, dalla giustizia sportiva, la pesante penalizzazione alla Juventus dopo vent’anni di lassismo sul tema, la questione viene grossolanamente riportata in auge solo in presenza di una notizia apparentemente favorevole all’accusa contro i bianconeri, come la più che prevedibile richiesta di rinvio a giudizio di qualche giorno fa. Sugli altri fascicoli “plusvalenze” della medesima o di altre Procure, per vicende analoghe e spesso perfino connesse, tutto apparentemente fermo nel disinteresse generale.

Un anno dopo

Per questo, a un anno di distanza dalla squalifica imposta dall’Uefa anche a livello europeo, può essere utile fare il punto della situazione, sottolineando alcune anomalie del caso Juve e lo stato dell’arte per le altre squadre oggetto di (misurate) attenzioni delle varie Procure. Come noto la Juventus, in assenza di una singola operazione illecita, viene sanzionata essenzialmente per il non meglio precisato “sistema sleale”, ormai un classico cui, dal 2006, cominciamo ad affezionarci; per la peculiarità della quotazione in borsa, anche se non era l’unica squadra quotata e in ogni caso il reato di falso in bilancio esiste anche per le società non presenti sul mercato azionario (con un differente grado di gravità); per le intercettazioni (oltre 30mila in più di 3 mesi, come nei casi di criminalità organizzata), vero motore della revocazione e quindi della successiva condanna, nonostante all’interno di quelle conversazioni si scorga la preoccupazione per una gestione da migliorare, ma mai la consapevolezza di una condotta illecita o sleale. Tutto fatto in fretta perché, come spiegò a suo tempo il giudice Torsello, la giustizia sportiva deve privilegiare la tempestività rispetto alla certezza del diritto. Almeno a volte, almeno con alcune squadre.

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Nessuno si fa domande

Quel che è forse meno noto è il resto: l’origine, le anomalie, lo stato delle altre vicende analoghe. I soggetti di nostro interesse sono necessariamente quattro: la Covisoc; la Consob; la Procura sportiva e quelle della Repubblica presso i vari tribunali, con la prima ormai dipendente dalle attività e dagli umori delle seconde, con la sostanziale rinuncia alla propria caratteristica autonomia. La Covisoc, nel 2021, invia alla Procura federale un elenco di operazioni sospette: praticamente tutte relative alla Juventus oltre al famoso affare Osimhen. Totalmente dimenticata una serie di operazioni di altre squadre, quotate in borsa e non: come mai, allora, la Covisoc parte così diretta pressoché solo sulle operazioni bianconere? E perché la Consob lamenta il presunto mancato rispetto di alcuni principi contabili relativi alle operazioni della Juventus e non a quelle delle altre quotate in Borsa, come le due romane? Non basta: come mai un manager intervistato da “Report” a ridosso della prima sentenza di condanna della Juve afferma espressamente che «il primo fascicolo era sulla Roma, però quello sulla Roma è finito in un... nulla di fatto e poi è venuto fuori quello sulla Juve»? Nessuno si fa domande, non si sa di che fascicolo si trattasse e che fine abbia fatto. Di certo si sa solo che pochi giorni dopo il procuratore Chiné avrebbe chiesto, in virtù di una bizzarra interpretazione del principio di afflittività della pena, una penalizzazione tale da far slittare la Juve dietro la Roma in classifica.

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Capitolo Roma

A proposito di giallorossi: un articolo del Fatto Quotidiano del 2 giugno 2024 - «La Roma come la Juventus? Così ha mitigato leperdite» - racconta le recenti indagini sulla società capitolina e ci informa che già nel 2021, subito dopo le notizie sulle inchieste sulla Juve ma ben prima di quelle della Procura romana, la “nuova” Roma di Friedkin si pre- occupava per le precedenti operazioni firmate Pallotta, chiedendo a un importante studio legale di realizzare un «dossier difensivo per indagare comportamenti analoghi a Trigoria». Se ne preoccupava la Roma, dunque, ma la Procura Figc, tre anni dopo, non ha mostrato di avere altrettanto a cuore la questione. Da Torino, che voleva tanto proseguire l’inchiesta nonostante l’incompetenza (e un PM che “odiava” la Juventus) a quelle che invece non sembrano avere tutta questa voglia di dedicarsi a materie di tal genere. Quelle come Napoli, che dopo un po’ di calma e una proroga alla fine si ricordano che la società di De Laurentiis conclude le operazioni nella sede della Filmauro, a Roma, ed è dunque nella Capitale che si dovrà indagare sul caso Osimhen. Indagini che nascono da Lille - qua non era sorto alcun dubbio - e ormai concluse dallo scorso gennaio.

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L'affare Orsolini

Da lì, nulla di nuovo dalla procura dalla Procura di Roma e silenzio assoluto da quella sportiva: si sta valutando una nuova inchiesta con un’altra revocazione? Si attende qualche carta? Si è proceduto con l’archiviazione? Non è dato saperlo e la questione, come d’abitudine, non interessa i nostri organi d’informazione. Tanto per capirci, la Procura torinese concluse le proprie indagini a ottobre del 2022 e a dicembre del medesimo anno Chiné aveva già letto le migliaia di pagine provenienti da lì e proceduto alla richiesta di revocazione. La leggendaria “tempestività” della giustizia sportiva, ricordate? Nel caso del Napoli, invece, si attendono notizie da oltre 6 mesi. Per quanto riguarda le dodici operazioni della Roma (un sistema? Un sistemino? Come definirlo?), la conclusione delle indagini è avvenuta all’inizio di maggio: circa 3 mesi dopo, siamo in attesa di qualche informazione al riguardo: la tempestività, a volte, non è tutto. Medesima situazione nelle altre Procure coinvolte da quella torinese per operazioni della Juve con le squadre locali: tranne Bologna, che ha archiviato in un attimo l’affare Orsolini, restiamo in fiduciosa attesa di aggiornamenti. Intanto gli affari di Lazio e Salernitana, dopo un lungo periodo a Tivoli, sono stati con tutta calma trasferiti ad Arezzo, sulle inchieste relative alla proprietà del Milan non si hanno riscontri, la situazione societaria dell’Inter non intriga chi indaga e sulla questione plusvalenze arrivata da Roma per Nainggolan e Zaniolo non è dato sapere alcunché. E la Consob? La Covisoc? Non si erano accorte di nulla? Forse la Roma quando era quotata contabilizzava gli scambi in modo diverso rispetto alla Juventus? Misteri.

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Tempi della procura sportiva

E la Procura sportiva che tempi ha? Su precisa domanda del senatore Lotito, Chiné ha risposto che fino alla conclusione delle indagini diverse Procure non consegnano le carte. Il fatto che sul Napoli attendiamo notizie da 6 mesi e sulla Roma da 3 non ha però indotto i nostri media a formulare qualche domanda, a porsi un qualunque interrogativo. Quella foga giustizialista riscontrata nel raccontare il caso Juve è svanita di colpo: nessuno pare più interessato e finalmente la certezza del diritto per la giustizia sportiva ha ritrovato la sua superiorità rispetto alla tempestività, vitale due anni fa ma oggi apparentemente superata.

Si potrebbe andare avanti a lungo, per raccontare la triste storia di una giustizia che si attiva solo dietro impulso delle Procure della Repubblica ma rivendica fiera la propria autonomia non permettendo ad alcun giudice ordinario di pronunciarsi sulle sue decisioni, anche quando si rovinano le carriere e quindi le vite delle persone. La questione non interessa i nostri media, il tema non intriga l’opinione pubblica e tutto continuerebbe così all’infinito, fino al prossimo caso sulla Juve, i soliti titoloni, l’indignazione e così via. Per tutti andrebbe bene così. Non per il Tar che, sollecitato da Agnelli e Arrivabene, ha deciso di porre queste e altre questioni - tra cui la vaghezza del concetto di “slealtà sportiva” - fuori dall’Italia. Non sappiamo se le risposte arriveranno con la tempestività che tanto piaceva ai nostri giudici sportivi, ma la certezza del diritto, in Europa, otterrà una considerazione maggiore rispetto a qui. E “fino al confine”, stavolta, non potranno certo dirlo a noi.

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Il tema della doppia o tripla velocità di alcuni fascicoli rispetto ad altri sul fronte plusvalenze e dintorni pare non incontrare grande successo sui media e nell’opinione pubblica: inflitta, dalla giustizia sportiva, la pesante penalizzazione alla Juventus dopo vent’anni di lassismo sul tema, la questione viene grossolanamente riportata in auge solo in presenza di una notizia apparentemente favorevole all’accusa contro i bianconeri, come la più che prevedibile richiesta di rinvio a giudizio di qualche giorno fa. Sugli altri fascicoli “plusvalenze” della medesima o di altre Procure, per vicende analoghe e spesso perfino connesse, tutto apparentemente fermo nel disinteresse generale.

Un anno dopo

Per questo, a un anno di distanza dalla squalifica imposta dall’Uefa anche a livello europeo, può essere utile fare il punto della situazione, sottolineando alcune anomalie del caso Juve e lo stato dell’arte per le altre squadre oggetto di (misurate) attenzioni delle varie Procure. Come noto la Juventus, in assenza di una singola operazione illecita, viene sanzionata essenzialmente per il non meglio precisato “sistema sleale”, ormai un classico cui, dal 2006, cominciamo ad affezionarci; per la peculiarità della quotazione in borsa, anche se non era l’unica squadra quotata e in ogni caso il reato di falso in bilancio esiste anche per le società non presenti sul mercato azionario (con un differente grado di gravità); per le intercettazioni (oltre 30mila in più di 3 mesi, come nei casi di criminalità organizzata), vero motore della revocazione e quindi della successiva condanna, nonostante all’interno di quelle conversazioni si scorga la preoccupazione per una gestione da migliorare, ma mai la consapevolezza di una condotta illecita o sleale. Tutto fatto in fretta perché, come spiegò a suo tempo il giudice Torsello, la giustizia sportiva deve privilegiare la tempestività rispetto alla certezza del diritto. Almeno a volte, almeno con alcune squadre.

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