Pagina 3 | Motta, la scommessa Juve su un giovane allenatore. Come 48 anni fa col Trap...

"Bisogna cambiare qualcosa", dice Gianni Agnelli con la pacatezza di chi nasconde il proprio disappunto, sì, ma senza sforzarsi troppo. "La squadra non va rivoluzionata, ma innervata di elementi di carattere", aggiunge qualche giorno dopo Umberto Agnelli, pure lui con un tono poco amichevole. È appena finita la stagione 1975-76, il Torino del giovane Gigi Radice ha vinto lo scudetto in faccia alla Juventus dell’anzianotto Carlo Parola, Giampiero Boniperti è sotto pressione e ha deciso di cambiare l’allenatore. Certo, serve una campagna acquisti per rinforzare la rosa (un bomber su tutti, visto che Anastasi è in polemica partenza), ma per Boniperti bisogna cambiare anche l’allenatore, rinfrescare le idee tattiche. Il Toro gioca un calcio moderno, fatto di pressing a tutto campo, se la Juventus vuole riprendersi l’egemonia deve aggiornare il suo football.

Trapattoni e Boniperti: l'incontro

Il primo giro di consultazioni è ampio e comprende Pesaola, Castagner, Liedholm e Di Marzio. Alcuni di loro incontrano solo il ds Giuliano, altri hanno addirittura un contatto con l’Avvocato. Nessuno passa l’esame, in alcuni casi per una richiesta economica troppo alta. Boniperti sta gestendo una Juventus che non può esagerare con i costi, la Fiat sta affrontando una grande crisi e il Paese è socialmente dilaniato. Il presidente bianconero stringe, dunque, la ricerca su due uomini: Giovanni Trapattoni ed Eugenio Bersellini. Il primo ha allenato il Milan, sotto stretta sorveglianza del dt Nereo Rocco e ha appena 37 anni. Il secondo allena una brillante Sampdoria, ha la fama di duro e ha 40 anni. Esiste anche una terza ipotesi, quella che i giornali chiamano la soluzione interna: Romolo Bizzotto, vice di Parola, considerato un tecnico dal grande potenziale.

 

Sono passati quattro giorni dallo sfortunato epilogo del campionato bianconero a Perugia, quando squilla il telefono di casa Trapattoni. È il ds bianconero Giuliano: "Boniperti la vorrebbe vedere domani a Barengo". Trapattoni scatta e il giorno dopo è nel novarese, dove Boniperti ha una tenuta, nel suo paese natale. Il contratto lo firma lì, nella villa del presidente, senza neanche discutere sull’ingaggio. "Quanto vuole come stipendio?", chiede Boniperti quando le cose si sono ormai decise. Trapattoni racconta di aver allargato le braccia e aver risposto: "Faccia lei". Boniperti scrive 40 milioni di lire all’anno. Pochini per allenare la Juventus, ma a Trapattoni hanno spiegato come il numero uno bianconero sia stretto negli ingaggi, ma largo con i premi. I soldi, insomma, se li dovrà guadagnare e, per l’etica trapattoniana, è quasi meglio.

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Boniperti: "Questo mi farà spendere una fortuna"

Lo stesso Boniperti, ammetterà in seguito, di essersi tenuto basso sull’ingaggio proprio perché molto convinto delle capacità di Trapattoni: "Questo è uno che mi farà spendere una fortuna in premi partita", profetizza nella sua testa quando scrive la cifra sul modulo federale. A quel punto Boniperti ha due problemi. Dire a Carlo Parola che non farà più l’allenatore della Juventus e convincere Romolo Bizzotto a fare il secondo di Trapattoni. E inizia proprio da lui, uno degli uomini più fedeli che la Juventus abbia mai avuto. La conversazione dura meno di due minuti. Boniperti è asciutto, Bizzotto di più. "Te la senti di collaborare con Trapattoni?". Il tecnico ci pensa una manciata di secondi e poi risponde con l’ennesimo obbedisco pronunciato per il club. Quando incontra un cronista, all’uscita, dice solo: "Speravo in qualcosa di più".

Ma diventerà uno dei più preziosi collaboratori di Trapattoni, senza mai tradire la sua fiducia. Per giustificare l’esonero di Parola, che Boniperti non vuole sia un esonero, la Juventus si inventa un comunicato dall’involontario umorismo. Siccome Locatelli lascia, per raggiunti limiti di età il posto di responsabile del settore giovanile, il suo posto viene preso da Vycpalek che, quindi, lascia scoperto il ruolo di direttore dei servizi tecnici, dove va a finire Parola che, a sua volta, lascia scoperto il ruolo di allenatore della prima squadra e... tac! Arriva magicamente Trapattoni. I giornali ci scherzano e prendono in giro Boniperti, ma la logica e la procedura è figlia di una routine industriale spesso utilizzata in Fiat e che Boniperti ha appreso dalle parti di Corso Marconi. Trapattoni, quindi, sbarca sul pianeta Juve il 25 maggio del 1976.

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Trapattoni e la critica del suo tempo

E la critica lo accoglie bene. Il direttore di Tuttosport, Gianpaolo Ormezzano, confidente di Boniperti, scrive un lungo elenco di motivi per cui Trapattoni è l’uomo giusto. "1. Trapattoni è giovane e quindi ha idee giovani (si spera, almeno) e volontà giovane. 2. Trapattoni è serio, lo sappiamo per certo, è maturato con una gavetta difficile e talvolta umiliante, quella del Milan, prima con Rocco, poi da solo, però sempre sotto l’ombra di Rocco. 3. Trapattoni non è un mago e non costa come un mago: la Juventus ha una gestione sana e non può fare certe cretinate, non può farle in assoluto e non può farle nel relativo di ciò che rappresenta, cioè anche la Fiat, cioè anche gli Agnelli. 4. Trapattoni sa di calcio, alla maniera di Radice, con cui crebbe e giocò nel Milan.

5) Trapattoni è una continuazione abbastanza decisa dell’esperimento che la Juventus tentò con Armando Picchi, al quale chiese di portarle esperienze, anche internazionali, delle grandi società lombarde nel grande rigore piemontese. 6. Trapattoni non si è mai montato la testa da calciatore, non dovrebbe montarsela da tecnico, visto che come tecnico dovrebbe apprezzare soprattutto i giocatori alla Trapattoni. 7. Trapattoni è una mossa psicologicamente vincente a priori, perché la piazza milanese patisce la sagacia e la attenzione torinese a prelevare lì i talenti (la cosa fa molto arrabbiare Gianni Brera). 8. Trapattoni permette a Boniperti di cedere alla piazza che voleva l’uomo da fuori senza al tempo stesso venire meno ai suoi principi di saggia economia e di non acquiescenza alle follie del mercato (Boniperti ha parlato anche con altri allenatori, quelli da cento milioni annui in su e ha patito notevoli choc essendo onesto e saggio)".

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Ormezzano: "È un obbrobrio, ma alla Juve è così"

Ma perché, secondo Ormezzano, Boniperti deve "cedere alla piazza"? Per l’eterna legge juventina, quella che cancella la memoria e la riconoscenza, macinandole nel percorso verso altri successi. Scrive Ormezzano: "Tre scudetti e due secondi posti in cinque anni di presidenza, uno scudetto e un secondo posto in due anni di gestione tecnica di Parola non contano nulla. È un obbrobrio, ma alla Juve è così". Gigi Radice lo accoglie con affetto e un pizzico di giustificato timore a Torino: "So quanto è bravo, mi darà fastidio. Ma sono felice, abbiamo condiviso molto e so quanto è serio. So anche quanto sia un bravo psicologo e nello spogliatoio della Juventus c’è stata un po’ di tensione nell’ultima stagione".

Lo sa bene Radice, che in parte ne ha approfittato: Anastasi che manda a quel paese tutti e a marzo dice di voler lasciare la Juventus a fine stagione, Furino che litiga con Capello e qualche altro attrito in un campionato tiratissimo e poi perso.Trapattoni con la sua gestione ruvida, ma ecumenica dello spogliatoio limerà le spigolature caratteriali del gruppo, aiutato anche dalla campagna acquisti. Boniperti scambia Anastasi con Boninsegna. E tutti pensano che l’affare lo stia facendo l’Inter, che rifila un bomber trentatreenne (quando 33 anni erano davvero tanti) e si prende il “Pelè bianco” di cinque anni più giovane. Poi scambia Capello con Benetti. E anche in quel caso sono in molti a pensare che l’affare lo stia facendo il Milan.

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Juventus 1976-77: la più forte di sempre?

Infine va a ritirare il diciannovenne Cabrini dall’Atalanta, dove l’aveva parcheggiato dopo averlo preso dalla Cremonese la stagione precedente. Nasce così la Juventus del 1976-77, con due scambi e un innesto giovane. Nasce una delle Juventus più forti di sempre, in grado di vincere il campionato con 51 punti su 60 (23 vittorie, 5 pareggi, 2 sconfitte) e il suo primo trofeo europeo, la Coppa Uefa, nell’epica finale con l’Atletico Bilbao, sotto il diluvio nella “Catedral del San Mamés”. Trapattoni è il geniale architetto di una squadra tremendista sotto il profilo atletico, ma che con la coppia Bettega-Boninsegna, alimentata da Causio e Cabrini, ha una potenza di fuoco offensiva micidiale.

Una squadra nella quale emerge un centrocampista totale come Tardelli e un libero straordinario come Scirea. Una squadra nella quale prende corpo lo scheletro della Nazionale campione del mondo del 1982. Il calcio di Trapattoni è un calcio di precisa divisione dei compiti, una base solida sulla quale far emergere il talento dei singoli, un calcio taylorista, come lo definisce qualcuno, citando l’organizzazione scientifica del lavoro di Frederick Taylor e parlando addirittura delle due fabbriche degli Agnelli, Mirafiori da una parte, la Juventus dall’altra.

È, senza dubbio, un calcio efficace: in un decennio vince sei scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa Europea, una Intercontinentale, praticamente tutto quello che c’era da vincere. Compreso, volendo, il Mondiale del 1982. Trapattoni, arrivato da scommessa nel 1976, lascia dieci anni dopo da allenatore più vincente d’Italia e sull’onda di una fama mondiale. Lo ingaggia l’Inter di Ernesto Pellegrini al quale, tuttavia, Trapattoni non fa scrivere la cifra sul suo contratto. Questa volta la mette lui.

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Trapattoni e la critica del suo tempo

E la critica lo accoglie bene. Il direttore di Tuttosport, Gianpaolo Ormezzano, confidente di Boniperti, scrive un lungo elenco di motivi per cui Trapattoni è l’uomo giusto. "1. Trapattoni è giovane e quindi ha idee giovani (si spera, almeno) e volontà giovane. 2. Trapattoni è serio, lo sappiamo per certo, è maturato con una gavetta difficile e talvolta umiliante, quella del Milan, prima con Rocco, poi da solo, però sempre sotto l’ombra di Rocco. 3. Trapattoni non è un mago e non costa come un mago: la Juventus ha una gestione sana e non può fare certe cretinate, non può farle in assoluto e non può farle nel relativo di ciò che rappresenta, cioè anche la Fiat, cioè anche gli Agnelli. 4. Trapattoni sa di calcio, alla maniera di Radice, con cui crebbe e giocò nel Milan.

5) Trapattoni è una continuazione abbastanza decisa dell’esperimento che la Juventus tentò con Armando Picchi, al quale chiese di portarle esperienze, anche internazionali, delle grandi società lombarde nel grande rigore piemontese. 6. Trapattoni non si è mai montato la testa da calciatore, non dovrebbe montarsela da tecnico, visto che come tecnico dovrebbe apprezzare soprattutto i giocatori alla Trapattoni. 7. Trapattoni è una mossa psicologicamente vincente a priori, perché la piazza milanese patisce la sagacia e la attenzione torinese a prelevare lì i talenti (la cosa fa molto arrabbiare Gianni Brera). 8. Trapattoni permette a Boniperti di cedere alla piazza che voleva l’uomo da fuori senza al tempo stesso venire meno ai suoi principi di saggia economia e di non acquiescenza alle follie del mercato (Boniperti ha parlato anche con altri allenatori, quelli da cento milioni annui in su e ha patito notevoli choc essendo onesto e saggio)".

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