Basterebbe, almeno su questo tema, cancellare ipocrisia e doppiopesismi
Lungi da noi, allora, replicare quel becero giustizialismo quando tocca agli altri: l’Inter e i suoi tesserati non sono indagati e nessuno auspica chissà quali sentenze. Si tratta di una piaga di ordine pubblico che per prime le autorità dovrebbero aiutare ad affrontare, non lasciando sole le società.
Basterebbe, però, almeno su questo tema, cancellare ipocrisia e doppiopesismi: la questione già sgonfiata su tanti media, affrontata su carta stampata e tv come il rapporto tra la società e gli “ultrà”, come se non vi fosse anche il collegamento con la criminalità organizzata, come se quanto scritto anni fa sulla Juve oggi non valesse più; l’articolo 4 sulla slealtà sportiva che – direbbe l’artista - “po’ esse piuma e po’ esse fero”: due anni fa è stato “fero”, oggi pare diventato “piuma”; gli inviti plurimi da parte delle istituzioni sportive alla cautela, dopo anni in cui questo termine era stato abolito dalla giustizia sportiva; la corsa a definire le società coinvolte “parti lese”, non gradita perfino da Nando Dalla Chiesa, interista, che le istituzioni le conosce più di tutti noi e si pone domande come una mosca bianca in un mare di silenzio e indifferenza dal fronte dei solitamente attivissimi e loquaci comunicatori e vip nerazzurri (illustri direttori di testate giornalistiche compresi); il tifo palesato dal procuratore perfino in conferenza stampa, il focus da spostare; l'allenatore che spiega di non avere mai subito minacce dai capi ultras, semplicemente spingeva con la società per dare più biglietti del consentito e avere più tifo - aggirando dunque le norme della giustizia sportiva -, ma trova comunque uno spazio minimo in prima pagina, perché a quanto pare la questione ha già perso interesse.