La follia Italia, ancora senza Ius Soli
Poi ha ragione Gabriele Gravina quando sostiene che l’Italia era uno dei Paesi più in ritardo su questo ampliamento e che da oltre 10 anni arrivavano sollecitazioni: «L’Italia è tra i Paesi con norme più restrittive sul tesseramento degli extracomunitari, continuiamo a resistere ma il confronto non è più a livello nazionale, arrivano da più parti richieste di essere sempre più equiparati al mondo internazionale». Eh sì, perché il mondo cambia e corre, ma l’Italia resta un Giano bifronte che cammina verso il futuro ma con lo sguardo pervicacemente rivolto verso il passato. Restiamo fermi a un Paese che non considera lo ius soli, anche a livello sportivo, per ottusi interessi politici, molti giovani che si allenano nei nostri settori giovanili (chiedete all’Atalanta…) e i cui genitori vivono in Italia non possono essere tesserati fino ai 18 anni, peraltro con il rischio che la “formazione” che ricevono vada a vantaggio dei loro paesi d’origine.
L’Europeo, del resto, è una cartina di tornasole del “mischione” cui ci sta abituando il mondo: ben il 13 per cento delle rose è composto da giocatori nati altrove rispetto alla Nazionale in cui rappresentano. L’Italia ha Retegui e Jorginho che proseguono la tradizione degli oriundi, una tradizione romantica nata negli Anni 30 e che racconta soprattutto (ma non solo) di “italiani d’Argentina”. Tra gli italiani di “seconda generazione”, invece, c’è il solo Folorunsho: 26 anni, non esattamente un ragazzino, nato a Roma da genitori nigeriani.