A ltro giro, altra corsa, altro titolo. Nuovo continente, nuovo Master 1000, stesso Jannik Sinner. In queste settimane asiatiche il n°1 del mondo è stato come sempre grande protagonista: principalmente in campo, ma purtroppo anche fuori con la spada di Damocle del ricorso Wada costantemente sulla sua testa. Dice di aver un po’ perso il sorriso ultimamente Jannik, ma lo smalto è quello di inizio stagione. Sinner aveva cominciato l’anno vincendo tre dei primi quattro tornei disputati – Australian Open, Rotterdam, Miami; unica sconfitta in semifinale ad Indian Wells – ripetendo ora lo stesso cammino: Cincinnati, US Open, Shanghai, con un solo ko in finale a Pechino. In entrambi i casi a fermarlo è stato Carlos Alcaraz, nonché l’unico giocatore in grado di batterlo più di una volta quest’anno (3 su 3): un successo contro lo spagnolo è l’unica tessera mancante nel già coloratissimo puzzle del n. 1.
Jannik e Carlos, ancora contro?
Ma le occasioni, in quel che resta del 2024, non mancheranno: i due potrebbero già trovarsi l’uno contro l’altro nella finale del Six Kings Slam, ricchissima esibizione saudita che mette in palio sei milioni di dollari per il vincitore (il montepremi più elevato nella storia del tennis) di cui un milione e mezzo solo come gettone di presenza. Jannik dovrebbe battere prima Medvedev (16 ottobre) e poi Djokovic (17 ottobre), Carlitos prima Rune (il 16) e poi Nadal (il 17), con il maiorchino al suo penultimo torneo. Rafa chiuderà la sua irripetibile carriera a Malaga, in occasione delle finali di Coppa Davis, dove Italia e Spagna potrebbero sfidarsi all’ultimo atto. In quel caso, eventualmente, la super sfida tra Sinner e Alcaraz avrebbe un peso certamente diverso rispetto al clima verosimilmente festoso di Riad. In palio ci sarebbero meno soldi, ma anche le aspettative di due paesi interi sulle spalle di due poco più che ventenni che oggi occupano i primi due posti della classifica mondiale.