Esiste un tennis alla Sinner, forse c’è sempre stato nelle premesse generali, mai però così personalizzato. Agli inglesi piace. A Wimbledon, poco da dire, furoreggia. È un tennis di grandi accortezze, studiato nei colpi e nei modi, che ama prendersi i tempi giusti per mostrarsi, per attrarre gli sguardi, comprensibile a tutti ma con facoltà di stupire. È un tennis da ora del tè, dove si trova il tempo per se stessi, nel quale si apprezzano i modi forbiti, la buona educazione. Anche nell’uso della forza, che può essere dilagante, o soverchiante per sua stessa natura, ma sempre ragionata, mai irragionevole. Gli appassionati della Henman Hill, quelli che si piccano di conoscere il tennis, ormai sono convinti che il ragazzo dai capelli rossi abbia trovato una sua via per domare l’erba, elemento innaturale per un tennis moderno che non si convincerà mai di quanto beneficamente spontaneo possa risultare un rimbalzo che dirotti di lato invece che proseguire secondo traiettoria, in grado di sanare d’un sol colpo le troppe righe smozzicate dall’avversario, le volée eseguite con il manico della racchetta.
Sinner 'chicca' di giornata
Il popolo della collina l’ha osservato a lungo, il nostro, semifinalista un anno fa e ora numero uno, prima con sguardi attoniti, l’espressione pendula di chi non crede ai propri occhi, poi sempre più attratto e partecipe, com’è nella propria indole, che scioglie la diffidenza come una zolletta nel tè. Oggi le esibizioni di Sinner sono considerate “chicche” di giornata, quanto di meglio si possa offrire agli amanti del genere. Accorrono numerosi, e sfidano pioggia e fango, i fans della “hill”, vogliono vedere il turbine, il tennista che con i suoi colpi crea vortici capaci di sollevare foglie, palline e avversari, ma senza che il suo passaggio possa scavare solchi irreparabili sull’erbetta più accudita del mondo. Perché «Sinner ama l’erba», c’è scritto su un cartello. Lo ha detto, perfino. «Questa è un’erba da amare, occorre impegnarsi per trattarla bene». Ambientalista, educato e tennista. Uscito di scena Federer, ecco un nuovo figlio da amare. Eppure l’impegno di questi ottavi era serio, la vittoria prevista, ma non certificata. Si temeva che Ben Shelton trovasse il modo (una volta c’è riuscito, in passato) di sfilarsi dalla gabbia che Jannik gli avrebbe costruito intorno, robusta di colpi inattaccabili, di quelli che lasciano la possibilità di replicare ma senza poter costruire. Non è successo nei primi due set, poco di più nel terzo che pure è risultato non meno Sinner Style dei due d’avvio.