Pagina 2 | “Conte camaleonte, via subito le mele marce. Con il suo mantra facemmo il vuoto”

Il suo storico numero 11 è adesso in buone mani, visto che campeggia sulle spalle di Romelu Lukaku. Da un bomber all’altro: vent’anni fa di questi tempi Aurelio De Laurentiis progettava, infatti, il suo primo grande colpo di mercato. Assicurarsi il capocannoniere della Serie B Emanuele Calaiò, strappato poi nel gennaio 2005 al Pescara per 4 milioni e riportare il Napoli nel calcio che conta. Detto, fatto. Grazie ai 44 gol dell’Arciere i partenopei nel giro di 3 anni e mezzo volano dall’inferno della Serie C a sfidare il Benfica in Europa League. L’inizio di un ciclo fantastico che prosegue tuttora.

Questo Napoli può restare in testa fino alla fine? «Per me si. L’Inter sulla carta parte favorita, ma i nerazzurri li vedo più concentrati sulla Champions quest’anno. Un fattore che potrebbe costare qualche punto alla squadra di Inzaghi; mentre gli azzurri hanno il vantaggio di poter pensare solo al campionato. Senza le coppe e con un condottiero come Conte in panchina lo Scudetto è davvero possibile per il Napoli».

Con l’allenatore salentino la formazione azzurra sembra rivitalizzata… «Condivido. L’effetto Conte si è fatto sentire subito, dando grande solidità alla squadra. Il vero salto di qualità con Antonio è stato nell’impatto mentale avuto sui giocatori, che per otto undicesimi sono gli stessi della scorsa disastrosa stagione».

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Perché è così amato dai giocatori

Lei è stato allenato da Conte a Siena e insieme avete centrato la promozione in Serie A nella stagione 2010/11. Ci svela qualche segreto del tecnico leccese? «Antonio è un fenomeno e i tanti trofei vinti parlano per lui. Conte è sia allenatore sia gestore. Lavora tantissimo tatticamente sul campo, ma incide al 100% su qualsiasi cosa riguardi la squadra. Non lascia nulla al caso ed è attento a ogni minimo dettaglio. I suoi calciatori ricevono indicazioni su tutto, anche su quello che devono mangiare…».

A Napoli ha dimostrato di saper giocare con più moduli… «L’etichetta di integralista dal punto di vista tattico è un falso storico! Conte ha sempre saputo variare schema da una partita all’altra e all’interno della stessa gara. A Napoli l’ha dimostrato di nuovo, facendo giocare la squadra col 3-5-2 e col 4-2-3-1. Lo definirei un allenatore camaleontico, che preferisce verticalizzare al possesso palla sterile. Le sue squadre sono solide dietro e concrete davanti, ma soprattutto vincenti…».

Tutti i suoi ex giocatori, anche quelli che giocavano meno, parlano benissimo di Antonio Conte. Come fa a essere così amato? «È stato un grande giocatore e questo lo porta a conoscere perfettamente ogni dinamica. Dal primo giorno di ritiro cerca di trasferirti la sua mentalità vincente. Inoltre quello che dice, lo mantiene sempre. È molto chiaro e diretto: non ti prende in giro e questo fa acquisire a Conte tanti punti agli occhi dei giocatori. Inoltre coinvolge tutto il gruppo nelle sue scelte: non guarda in faccia nessuno e anche i big finiscono in panchina, se non rendono. Con lui se non ti alleni al massimo, la domenica non giochi e anche chi scende in campo 5 minuti deve dare l’anima. Antonio poi allontana ed elimina subito le cosiddette ‘mele marce’ dal gruppo, che intorno a lui si compatta diventando granitico».

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Il mantra di Conte

A quel punto l’“Amma faticá” reso celebre quest’estate come slogan del pre-campionato diventa sopportabile? «I primi allenamenti con Conte sono durissimi e pesantissimi. Il lavoro atletico però poi dà i suoi frutti durante la stagione, quando i sacrifici estivi vengono ripagati da una grande brillantezza. Ci diceva sempre: ‘più facciamo fatica, più andremo forte’ e così è stato nel girone di ritorno, quando abbiamo fatto il vuoto e conquistato la promozione».

La sua numero 11 l’ha ereditata Lukaku, che è partito subito forte con 3 gol e 4 assist in 5 presenze. «Ed è ancora al 50% della condizione. Finora nelle gare ha lavorato d’esperienza, facendo a sportellate coi difensori avversari e andando incontro alla palla per favorire l’inserimento di esterni e centrocampisti. Il vero Lukaku non si è ancora visto. Quando starà al top della condizione torneremo ad ammirare il belga che parte in progressione e va in porta come ai tempi dell’Inter. Resta comunque il miglior attaccante della Serie A. Sia che giochi bene sia che giochi male, Lukaku 20 gol all’anno te li fa sempre. In più riesce ad essere un leader per i compagni».

C’è un giovane attaccante in cui si rivede e uno che vedrebbe bene a Napoli come vice Lukaku? «Mi piace molto Castro: mi sembra un piccolo Tevez. So che il Napoli sta lavorando per l’estate su Bonny del Parma: sarebbe un ottimo innesto».

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Perché è così amato dai giocatori

Lei è stato allenato da Conte a Siena e insieme avete centrato la promozione in Serie A nella stagione 2010/11. Ci svela qualche segreto del tecnico leccese? «Antonio è un fenomeno e i tanti trofei vinti parlano per lui. Conte è sia allenatore sia gestore. Lavora tantissimo tatticamente sul campo, ma incide al 100% su qualsiasi cosa riguardi la squadra. Non lascia nulla al caso ed è attento a ogni minimo dettaglio. I suoi calciatori ricevono indicazioni su tutto, anche su quello che devono mangiare…».

A Napoli ha dimostrato di saper giocare con più moduli… «L’etichetta di integralista dal punto di vista tattico è un falso storico! Conte ha sempre saputo variare schema da una partita all’altra e all’interno della stessa gara. A Napoli l’ha dimostrato di nuovo, facendo giocare la squadra col 3-5-2 e col 4-2-3-1. Lo definirei un allenatore camaleontico, che preferisce verticalizzare al possesso palla sterile. Le sue squadre sono solide dietro e concrete davanti, ma soprattutto vincenti…».

Tutti i suoi ex giocatori, anche quelli che giocavano meno, parlano benissimo di Antonio Conte. Come fa a essere così amato? «È stato un grande giocatore e questo lo porta a conoscere perfettamente ogni dinamica. Dal primo giorno di ritiro cerca di trasferirti la sua mentalità vincente. Inoltre quello che dice, lo mantiene sempre. È molto chiaro e diretto: non ti prende in giro e questo fa acquisire a Conte tanti punti agli occhi dei giocatori. Inoltre coinvolge tutto il gruppo nelle sue scelte: non guarda in faccia nessuno e anche i big finiscono in panchina, se non rendono. Con lui se non ti alleni al massimo, la domenica non giochi e anche chi scende in campo 5 minuti deve dare l’anima. Antonio poi allontana ed elimina subito le cosiddette ‘mele marce’ dal gruppo, che intorno a lui si compatta diventando granitico».

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