All'inizio era «una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio». Motto meraviglioso nel suo relativismo, perché migliorarsi non è mai una questione assoluta, ma va sempre calata nelle circostanze e adattata alle capacità. E dentro si trova tutto il piacere della sfida di non porsi limiti. Lo aveva coniato il senatore Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat nel 1899 e papà di Edoardo, primo Agnelli presidente della Juventus, che, a sua volta, amava ripeterlo ai dirigenti e ai giocatori, non a caso Campioni d'Italia per cinque volte di fila dal 1930 al 1935. In quel «può sempre essere fatta meglio» c'è una cultura del lavoro molto piemontese: la fiducia, anzi la fede che i risultati passino solo dalla fatica e dall'applicazione e mai dall'accontentarsi. Una filosofia perfetta per quell'azienda, che non a caso diventerà impero; calzante anche per uno sportivo, che di traguardi ne taglia in continuazione, ma solo il campione riesce a porsene sempre di nuovi.
"Vincere è l'unica cosa che conta"
Il vincere, in questo contesto, è un concetto sfumato. È ovvio che chi compete abbia come obiettivo naturale la vittoria, ma «migliorare» può anche voler dire passare dal terzo al secondo posto. Detto ciò, la Juventus degli Agnelli non è mai partita per arrivare sul podio, ma sempre per puntare all'oro, proprio perché parte di un universo dove arrivare prima degli altri era considerata una buona abitudine da non dismettere mai. Tuttavia, «Vincere non è importante, ma l'unica cosa che conta» è qualcosa non del tutto in sintonia con la filosofia della «cosa fatta meglio» e, peraltro, è un motto tutt'altro che antico e neanche del tutto juventino.