Il cappotto contro il Carpi
Ecco, la prima volta è diventata iconica ma non è che ci si possa fermare all’estetica del gesto per analizzarlo compiutamente: serve andarci a fondo, provare a capire le motivazioni scatenanti. Perché sì, certo: la tensione accumulata durante tutta la gara ha, eccome, un peso specifico tutt’altro che trascurabile. Ma c’è anche, la necessità di tenere alta la tensione dei giocatori in campo, di far capire plasticamente che c’è da compiere “lo sforzo per battersi ancora per quell’ultimo centimetro”. Una questione collettiva più che individuale anche se, si capisce, sono l’insieme dei gesti di ognuno che fanno la differenza e che spostano in avanti i centimetri verso la meta finale, la voglia di aiutare ancora il compagno e di soffrire assieme a lui cercando le residue energie nei più reconditi serbatoi della propria anima. Così è un esercizio perfino capzioso andare alla ricerca di colui che scatena la furia di Max anche se, sì, l’episodio scatenante c’è sempre ma deriva dall’accumulo di disattenzioni e di leggerezze che gli fanno capire come il momento della sfuriata sia ormai arrivato.
Perché quello di Carpi non è rimasto un episodio isolato ma, anzi, in seguito si è ripetuto con maggiore frequenza di pari passo, verrebbe da dire, con la diminuzione del tasso tecnico e di esperienza che la Juventus ha potuto mettere in campo. Carenze che, peraltro, fanno aumentare la sua dose di nervosismo, come dopo la finale di Coppa Italia a maggio dell’anno scorso quando la giacca è volata via per la rabbia dopo il rigore concesso, e fatto ripetere, all’Inter. Sfuriate che si ripetono all’inizio dello scorso campionato quando la squadra fatica con lo Spezia e con la Fiorentina. E se non c’è più tempo per far svolazzare giacche, ecco che comincia a far roteare i pugni, l’espressione stravolta, per poi correre nello spogliatoio qualche secondo prima che l’arbitro fischi la fine. Qui, sì, la tensione la fa da padrone al punto che quest’anno, dopo la gara con il Bologna, ha disertato le telecamere per “una forte emicrania” pure un poco diplomatica.