Le è mai capitato di dover fare ad una sua squadra un discorso motivazionale citando quell'episodio?
«No, piuttosto qualche mio giocatore ogni tanto viene con il telefonino o l'i-pad sul quale ha le immagini di quel giorno prese da youtube ed è lui che mi chiede cosa accadde e come fu possibile. Poi, va beh, ci sono anche i tifosi laziali che mi riconoscono, mi chiedono una foto e mi ringraziano perché vinsero quello scudetto a scapito della Juventus, ma io a tutti ricordo le parole di Carlo Mazzone, allenatore di quel Perugia, nello spogliatoio prima della partita. Poche, ma che andarono dritte al punto: "Mi raccomando, abbiamo gli occhi di tutto il mondo addosso, giocate con dignità, date il massimo, siate uomini". Decidendo quella partita e quel campionato cancellai anche l'ignobile e infamante etichetta che mi era stata appiccicata un anno prima».
Passando due stagioni fa da una prima squadra alla Primavera cos'ha notato in un calcio italiano che non fa i Mondiali da due edizioni e soffre ora anche a livello giovanile visto il recente flop dell'Under 21?
«Con i ragazzi bisogna saper parlare, accompagnarli in un percorso, guardarli negli occhi e portarli a fare altrettanto, togliendoli da quei telefonini con i quali comunicano tra di loro anche durante i ritiri quando sono a pochi passi di distanza. Abbiamo gente forte, sappiamo arrivare in fondo come hanno dimostrato le tre squadre italiane nelle finali europee di quest'anno, ma non occorre imbottirsi di stranieri. Non aiuta il fatto che ci siano in giro sceicchi pronti a dare 10 milioni di euro a un ventenne, passa il messaggio sbagliato ovvero che bastano poche partite fatte bene per toccare il cielo con un dito. Io ho lanciato giocatori come El Shaarawy, Cragno, El Kaddouri, Jonathas. Alla Lazio ho allenato Luka Romero, l'uomo del momento. La qualità nei nostri settori giovanili c'è, senza doverci svenare acquistando da fuori. Barella, Frattesi, Tonali ce li siamo costruiti in casa. Quando si parla però di giocatori di 18-19 anni bisogna anche ricordarsi che bisogna accompagnarli negli errori, che prima o poi commetteranno. Solo così diventeranno campioni». Con i valori di un calcio pulito, che Alessandro Calori scrisse già quasi un quarto di secolo fa.