Pagina 0 | Paulo Sousa: “Cristiano Ronaldo-Juve anime gemelle”

Buongiorno Paulo Sousa, dove si trova in questo momento e come sta vivendo questa situazione drammatica e surreale?
«Mi trovo con mia moglie in Portogallo e mi considero un privilegiato. Ma soffro nel vivere da lontano la sofferenza degli altri e rifletto sul messaggio che la natura ci sta inviando. Io mi sento sempre molto vicino alla natura e penso al rapporto che abbiamo con lei, dal modo in cui trattiamo gli animali all’ambiente. Non credo che questo sarà l’ultimo virus che dovremo affrontare, per cui dobbiamo pensare presto a un modello diverso e condiviso».

Lei è un grande allenatore di menti: cosa consiglia a chi sta resistendo a casa e inizia a vacillare?
«Che può essere un momento di crescita e di presa di coscienza dei valori più autentici. Tutti noi sogniamo di tornare alle nostre vite, ma sarà difficile riaverle esattamente come prima. Penso a noi latini che dimostriamo il nostro amore con abbracci e baci, ecco forse dobbiamo imparare a esprimere amore senza quella fisicità. E’ un momento duro, ma possiamo superarlo crescendo come individui e soprattutto come comunità».

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Si riprenderanno i campionati secondo lei?
«Non chiedetelo a me. E’ una domanda che dovete porre agli epidemiologi e a chi ha la competenza per decidere. Credo che si debba tornare a giocare solo se ci sono le condizioni per farlo. E credo che non debbano essere solo i medici a consigliare la politica sulle decisioni da prendere, ma anche sociologi e psicologi, perché la situazione è complessa: c’è un problema con il virus e un problema con le vite di miliardi di persone».

Che cosa pensa del fatto che molti club, come Juventus e Barcellona, d’accordo con i giocatori, hanno operato un taglio degli ingaggi?
«Credo che se questo si inserisce in un contesto di aiuto alla collettività sia giusto, anzi doveroso. Noi calciatori e allenatori siamo dei privilegiati e lo siamo due volte: abbiamo trasformato la nostra passione di bambini in un lavoro e per svolgerlo veniamo pagati non bene, ma benissimo. Tutti andremo incontro a delle rinunce ed è giusto che le facciamo anche noi».

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