I ricordi di Tudor con la Juventus e con la Lazio. E il futuro...
Il momento più bello, l’immagine più significativa del suo periodo alla Juventus e di quello alla Lazio?
"Due cose diverse. Nella Juve ho creato il mio Dna avendoci vissuto 8 anni quando ero giovane, il club mi ha dato l’impronta di cosa sono diventato. Alla Lazio nei tre mesi mi sono divertito tanto con lo staff, i giocatori e il club. È stato fatto un bel lavoro anche a Roma".
L’anno scorso alla guida della Lazio sfiorò la finale di Coppa Italia proprio con la Juve: 2-0 per i bianconeri a Torino e 2-1 per voi a Roma. Quando ripensa a quel doppio confronto che riflessione le viene in mente?
"Mi ricordo due belle partite, ci è mancato poco per andare ai supplementari. La Juve era piena di campioni. Il rammarico di non essere andati in finale, ma anche la consapevolezza di aver giocato bene".
Che tipo di progetto le piacerebbe affrontare? Meglio in Italia o all’estero?
"Non fa differenza, l’importante è la condivisione del progetto e dei pensieri con il club , con i dirigenti. Vedere il calcio nello stesso modo per come costruire e gestire una squadra. Rispettando i ruoli di tutti".
I giocatori e non solo protestano per le troppe partite che mettono a rischio la loro salute. È d’accordo?
"Posso capire tutte le parti: chi paga e i giocatori. Ma in effetti si sta esagerando, si sta andando verso una direzione che non si sa dove finisce. Si giocherà ogni due giorni? Se non si fanno riposare i calciatori non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale non va bene. Dobbiamo fermarci, confrontarci per capire cosa si deve fare per evitare che si rompa il giocattolo. C’è un aspetto che non mi piace: scaricare sui giocatori perché vogliono più soldi e non giocare così tanto. I calciatori non obbligano nessuno a dare certi ingaggi pazzeschi, le cifre esagerate sono stabilite dalle società che sono in gara tra loro. Per cui non facciamo passare cose inesatte. I giocatori hanno diritto a dire la loro opinione".