Pagina 3 | Da Cambiaso a Dimarco e Fagioli: il senso della rivoluzione di Spalletti

TORINO - Per poter giocare a calcio con esiti di qualità contano, ovviamente, soprattutto i piedi ma è assodato come i piedi - e tutto il resto - li comandino il cervello e tutto ciò che, un tempo, stava dentro i concetti di anima, spirito. Un soffio che innalza, il “pneuma” greco. E, per esempio, Federico Dimarco è lo stesso giocatore che all’Europeo, contro l’Albania, ha innescato il gol di Bajrami al primo minuto con una sciagurata rimessa laterale. E che giovedì sera ancor dopo appena un minuto - il tempo è sempre relativo a seconda di quale parte della porta del bagno ci si trova... - è stato lui a innescare l’azione del primo gol, così come ha poi costruito il cambio campo verso Cambiaso da cui è nato il raddoppio una ventina di minuti dopo. In definitiva, Dimarco non era una pippa invereconda a Dortmund così come non è Roberto Carlos dopo la sfida contro il Belgio, ma di sicuro è un giocatore completamente diverso a seconda che sia in sintonia con se stesso e, contemporaneamente, nell’ambiente in cui è immerso. E nel gruppo Italia, adesso, si respira un’atmosfera di grande positività che aiuta le prestazioni.

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Dimarco e Cambiaso: le frecce di Spalletti

Nel caso di Dimarco, tra l’altro, è evidente come sia stato trai più bravi e rapidi nell’Inter a resettare dopo la sbornia da scudetto che aveva zavorrato le menti e, di conseguenza, le reazioni pedatorie. Dimarco assume la valenza di modello di comparazione, magari suo malgrado, tra recente passato e attualità perché è uno dei reduci della Germania ma soprattutto perché è evidente come la sua trasformazione sia paradigmatica del nuovo corso spallettiano. Il ct ha infatti modificato la metodologia rinunciando alle convocazioni extra large per privilegiare invece un gruppo di lavoro ristretto con inserimenti mirati dei giovani. Non un dettaglio, perché il ringiovanimento è l’altra chiave di volta del progetto in modo da avere prospettive di crescita in ottica mondiale, ma anche per poter lavorare con ragazzi sospinti all’entusiasmo e dalla voglia di affermarsi senza dover fare i conti con le sovrastrutture malmostose di chi si sente già affermato e dunque indiscutibile. Poi, certo, la gioventù non è un valore assoluto e la bussola che deve orientare le scelte di ogni allenatore (ma di ogni dirigente in ogni ambito) e la qualità dei collaboratori. Nel caso specifico dei calciatori, delle “frecce azzurre” come Dimarco da una parte e Cambiaso da quell’altra: i due esterni che esaltano il sistema di gioco con il centrocampo a cinque.

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La rivoluzione di Spalletti

Spalletti ha avuto la sensibilità di avviare una rivoluzione ragionata mantenendo alcuni punti fermi - da Donnarumma a Calafiori, che lo è già nonostante la giovane età - accanto ai quali ha inserito coloro che il campionato propone. Che non può essere tanto dal punto di vista numerico (ormai la quota di stranieri tocca la quota del 70 per cento a ogni giornata di Serie A) ma che lo è evidentemente dal punto di vista qualitativo, anche perché in mezzo a una tale invasione non è semplice ricavarsi dello spazio. Gli esempi più significativi sono rappresentati dal granata Samuele Ricci e dal bianconero Nicolò Fagioli, una sorta di rivincita del ct visto che anche le scelte di Thiago Motta e l’approvazione della critica sostanziano a posteriori la sua decisione di portarlo all’Europeo nonostante la squalifica fosse terminata da poco. E, a proposito di squalifica, le prestazioni di Tonali fanno capire quanto sia mancato in Germania, perché hai voglia a discutere di calcio relazionale e di interscambiabilità, ma poi la differenza la fanno i giocatori bravi e Tonali lo è, senza dimenticare quando contribuisca alla sua crescita il fatto di essersi messo in gioco in un campionato performante come la Premier. Non un dettaglio, perché è lo stesso percorso che stanno compiendo Calafiori (all’Arsenal), Udogie e Vicario (al Totenham) e Okoli (al Leicester). Allargare i propri confini mentali aiuta, sempre.

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La rivoluzione di Spalletti

Spalletti ha avuto la sensibilità di avviare una rivoluzione ragionata mantenendo alcuni punti fermi - da Donnarumma a Calafiori, che lo è già nonostante la giovane età - accanto ai quali ha inserito coloro che il campionato propone. Che non può essere tanto dal punto di vista numerico (ormai la quota di stranieri tocca la quota del 70 per cento a ogni giornata di Serie A) ma che lo è evidentemente dal punto di vista qualitativo, anche perché in mezzo a una tale invasione non è semplice ricavarsi dello spazio. Gli esempi più significativi sono rappresentati dal granata Samuele Ricci e dal bianconero Nicolò Fagioli, una sorta di rivincita del ct visto che anche le scelte di Thiago Motta e l’approvazione della critica sostanziano a posteriori la sua decisione di portarlo all’Europeo nonostante la squalifica fosse terminata da poco. E, a proposito di squalifica, le prestazioni di Tonali fanno capire quanto sia mancato in Germania, perché hai voglia a discutere di calcio relazionale e di interscambiabilità, ma poi la differenza la fanno i giocatori bravi e Tonali lo è, senza dimenticare quando contribuisca alla sua crescita il fatto di essersi messo in gioco in un campionato performante come la Premier. Non un dettaglio, perché è lo stesso percorso che stanno compiendo Calafiori (all’Arsenal), Udogie e Vicario (al Totenham) e Okoli (al Leicester). Allargare i propri confini mentali aiuta, sempre.

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