Ore 16,53 del 4 giugno
La rincorsa è terminata ieri, alle ore 16,53 di martedì 4 giugno, con un comunicato emesso dall’organizzazione del torneo. Un finale che nessuno voleva, ma per noi una data da ricordare. Per la prima volta nel tennis c’è un italiano lassù… Passaggio di consegne immediato, ma non indolore. Djokovic che si ritira per l’infortunio al ginocchio, Sinner che sperava di incontrarlo e perché no, di batterlo ancora una volta. Non era apparso così mal messo il serbo, nel finale del match con Cerundolo. Aveva chiamato i medici sul campo al termine del terzo set, sotto 2-1, e protestato per le condizioni della terra rossa, oltremodo scivolosa ma anche maligna perché capace di bloccare il piede. La resa era stata ipotizzata dallo stesso Nole, nelle dichiarazioni del dopo match. Il ginocchio ha retto i set finali dell’incontro con l’argentino, gli ha permesso di vincere la seconda maratona in 48 ore, ma quando l’adrenalina è svanita è possibile che si sia fatto sentire. Djokovic a suo modo è un lottatore, anche se ama auto commiserarsi, ma non credo che abbia preferito una tranquilla uscita di scena dopo due vittorie “eroiche” al dover affrontare da sfavorito la parte finale del torneo. Se il ginocchio glielo avesse permesso avrebbe accettato di giocarsela. Se non l’ha fatto è perché ha capito che sarebbe stato inutile.
È la fine di un’Era? Forse è così… Federer si batte per costruire il nuovo molo della sua casa (da sei milioni di euro) sul lago di Zurigo, e i suoi avversari attuali sono gli altri proprietari delle ville intorno alla sua che glielo vogliono impedire. Nadal è impegnato in una sorta di giro d’onore, per salutare luoghi e spettatori che gli sono appartenuti. Murray è diventato bionico, ha le anche al titanio, ma correva meglio prima. A ribadire che non sarà un robot, in futuro, a prendere il posto dei tennisti cento per cento “human race”... E Djokovic non era a lunga conservazione come si era illuso. Ma è stato in cima 428 settimane, ed è un record forse irraggiungibile. Ora tocca a Sinner, il nuovo che avanza in un tennis che vuole al più presto aprire le porte a nuove forme di business, pronto a conquistare nuovi Paesi e magari a costruire in Cina e più ancora in Asia nuove tradizioni, nuovi tornei, magari anche nuovi Slam.
Jannik Sinner da Sesto, il paese della Val Pusteria con vista sulle Dolomiti, può guardare da ieri sera il tennis dall’alto. Molti lo considerano un predestinato, ma per arrivare dov’è ora ci ha messo, studio, attenzione e sacrificio. È il ventinovesimo della serie, e tutti hanno meritato l’accesso al ristrettissimo Club dei Più Forti, anche quelli che hanno governato il tennis per una settimana appena, come Pat Rafter, divino volleador, o due settimane, come Carlos Moya, amico e maestro di Nadal. Avevano vittorie e punti per farcela, non sono stati aiutati da spinte o raccomandazioni. Sono giunti in vetta scalando, con le proprie forze, come ha fatto Sinner che è in testa anche nella Classifica Race di questa stagione con 4.900 punti (alla vigilia della semifinale), mentre Djokovic ne ha messi insieme poco più di mille e seicento, ed è appena dodicesimo, al momento fuori anche dalle Finals.