Le partite più belle e il giocatore più difficile
A proposito, come funziona in quel caso? Siete “attrezzati”? «Sì, abbiamo una lista di parolacce in tutte le lingue che dobbiamo conoscere. Comunque l’evoluzione della tecnologia non riguarda soltanto il tennis, che negli ultimi anni ha già sollevato il giocatore da un pensiero importante, cioè quello di capire se la palla è buona o fuori. Dall’altra parte, però, svanisce l’interazione tra tennista e arbitro, il cui ruolo è quasi confinato alla sola squalifica di un giocatore».
Le piacerebbe continuare nel tennis? «Sì, mi piacerebbe fare ancora qualcosa, magari formando nuovi arbitri perché a livello Challenger ci sarà ancora tanto bisogno dei giudici di sedia. Lo sport fa parte della mia vita da quando ho 15 anni: tutto ciò che ho conquistato, visto e conosciuto è stato grazie al tennis».
Le cinque partite più emozionanti della sua carriera? «È davvero difficile dirlo. Intanto, direi la finale di Wimbledon 2011 tra Nadal e Djokovic. Era il primo torneo che avevo visto in tv, essere lì ad arbitrare la finale non mi sembrava vero. Anche gli arbitri sono invitati al ballo di fine torneo: è speciale, Wimbledon per me è il torneo più bello. Poi la mia prima finale Slam, Federer-Roddick allo US Open 2006; un match tra Ivanisevic e Becker, due dal carisma impressionante, a Spalato, la terra di Goran; una rimonta di Agassi su Blake a New York da due set di svantaggio, quando Andre vinse 7-6 al quinto. E la quinta è davvero difficile, potrei metterne tante: scelgo Nadal-Tsitsipas a Barcellona 2021, quasi quattro ore, una delle mie prime partite dopo l’attacco cardiaco a Melbourne».
Il giocatore più difficile da arbitrare? «Non ci sono giocatori difficili, ma situazioni difficili. Dipende molto da come va la partita, che può complicarsi anche se in campo ci sono giocatori tranquilli».
Per esempio? «Parlo sempre di un match di Coppa Davis tra Cile e Argentina, nel 2000. Giocavano Massu e Zabaleta, due piuttosto tranquilli. C’erano 15.000 persone allo stadio, ma era un pubblico calcistico. A un certo punto, qualcuno ha lanciato qualcosa in campo: Zabaleta è andato a raccoglierlo e a consegnarlo al raccattapalle, ma il pubblico pensava che ci stesse litigando. Hanno iniziato a lanciare in campo pietre, seggiolini e qualunque cosa avessero in mano, costringendo i giocatori a tornare negli spogliatoi dove c’erano persino i carabinieri e il papà di Zabaleta con la testa tagliata. Io non so come non mi sono fatto niente, ma è stato impressionante. Doveva essere una partita tranquilla, il Cile era favorito, invece si è trasformata in un inferno. In 40 anni è stata la cosa più impressionante che ho visto su un campo da tennis».