Pagina 2 | Sinner, ti vogliamo bene

«Insane». Cioè pazzesco. Folle. Senza senso. Ma in realtà un senso ce l’ha. Inebriante. Clamoroso. Commovente. Un senso che sta proprio in quell’aggettivo usato da Taylor Fritz - bello come sempre, bravo più che mai eppure con le lacrime agli occhi: non per la sconfitta, ma per l’impotenza - allorché prende il microfono e guarda verso Sinner. Che è il nuovo Master (and Commander) del tennis mondiale. Che lo ha tritato in meno di un’ora e mezza con un duplice 6-4 (replica del risultato nel girone), ancora più frustrante dei tre set a zero con cui lo aveva mortificato a domicilio nella finale degli Us Open. Sommerso e fin stravolto dall’affetto di un pubblico generosissimo, anche perché ammirato dalla sua strenua resistenza, quasi scoppia a piangere, l’americano. Perché stavolta pensava di aver capito come si fa, o si dovrebbe, o si dovrebbe, e invece no. Non si può fare.

Sinner stratosferico

Se Sinner è così, finché sarà così, non ce n’è, non ce ne sarà per nessuno. È italiano. È nostro. È anche di Torino. Che lo ha adottato, che gli ha donato un amore mai visto e ora corrisposto, che adesso vuole dargli pure la cittadinanza onoraria. Già gli ha dedicato la Mole. Una volta si consegnavano le chiavi della città. Fategliele. Portategliele. E possibilmente lasciategli le Finals qui più a lungo possibile. Perché Torino è casa: magari non la più grande, ma certo la più calda e accogliente.

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Sinner, la brutalità e la dolcezza

Ha dovuto alzare sul serio il livello stavolta, Sinner. Ha servito come una catapulta rivolta verso il basso. Ha tirato delle seconde migliori di tante prime. Ha azionato risposte contro le leggi della fisica. Ha sparato dritti incrociati che facevano i buchi sul cemento e rovesci lungolinea che sembravano decollare, ma sempre dentro le righe. Ha tenuto botta in scambi sfiancanti per chi li vedeva, figuriamoci per loro che li hanno giocati. Ha liftato smorzate sublimi passando di colpo - prodigiosamente, spudoratamente - dalla violenza più brutale a una delicatezza quasi erotica. Ha omaggiato con dolcezza il giudice arbitro che va in pensione, facendo piangere pure lui.

Sinner, 2024 da favola

Ha vinto le Finals senza perdere un set: l’ultimo era stato Lendl, 38 anni fa. Un 2024 di 70 vittorie, 8 titoli, 2 Slam. Ora la Davis. E quando l’avrà giocata, e possibilmente vinta, si metterà a pensare a come riuscirci pure a Parigi e a Wimbledon. Leggenda, sì. Anzi, insane. Grazie, Jannik. Ti vogliamo bene. Tanto. Quando sorridi così e diventi tutto rosso come i tuoi capelli, poi...

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Sinner, la brutalità e la dolcezza

Ha dovuto alzare sul serio il livello stavolta, Sinner. Ha servito come una catapulta rivolta verso il basso. Ha tirato delle seconde migliori di tante prime. Ha azionato risposte contro le leggi della fisica. Ha sparato dritti incrociati che facevano i buchi sul cemento e rovesci lungolinea che sembravano decollare, ma sempre dentro le righe. Ha tenuto botta in scambi sfiancanti per chi li vedeva, figuriamoci per loro che li hanno giocati. Ha liftato smorzate sublimi passando di colpo - prodigiosamente, spudoratamente - dalla violenza più brutale a una delicatezza quasi erotica. Ha omaggiato con dolcezza il giudice arbitro che va in pensione, facendo piangere pure lui.

Sinner, 2024 da favola

Ha vinto le Finals senza perdere un set: l’ultimo era stato Lendl, 38 anni fa. Un 2024 di 70 vittorie, 8 titoli, 2 Slam. Ora la Davis. E quando l’avrà giocata, e possibilmente vinta, si metterà a pensare a come riuscirci pure a Parigi e a Wimbledon. Leggenda, sì. Anzi, insane. Grazie, Jannik. Ti vogliamo bene. Tanto. Quando sorridi così e diventi tutto rosso come i tuoi capelli, poi...

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