Pagina 3 | Sinner e Alcaraz fanno già scuola! E il tennis si spacca in due partiti…

Nel dare forma continua a quel gioco degli specchi che fa da filo conduttore alla gran parte dei match, il tennis cerca da sempre il proprio aspetto esteriore, poco importa se lo stesso possa avere valore per una sola stagione, per un decennio o per un periodo ancora più lungo. I tennisti si guardano, si confrontano, apprendono l’uno dall’altro, e come sempre sono i molto forti a dettare gli stili di gioco, finendo per dare la loro impronta tecnica e anche tattica agli anni che li vedranno primeggiare. Si formano così anche le cordate, che segnalano l’appartenenza allo stile di gioco dell’uno o dell’altro dei campioni. Fu Borg il primo in Era Open a porsi a capo di una estesa filiera di giovani che tentavano di farsi largo con i colpi che all’Orso svedese venivano naturali. A Roma li chiamavano i Borghetti, mutuando il nome da un caffè liquoroso che si vendeva (e si vende ancora) negli stadi. Esistevano anche gli “inimitabili”, e McEnroe che sembrava tenere la racchetta con tre dita, e serviva rivolto con il corpo al campo vicino, fu certo fra questi. Ma in generale non è con l’imitazione di gesti e movenze che si fa strada in uno sport che ogni protagonista ha il diritto di interpretare a modo proprio.

Dimitrov e la lezione di Federer

Per un Dimitrov che da giovane si riteneva l’unico possibile continuatore dell’opera di Federer, grazie a un gioco se non identico quanto meno sovrapponibile a quello di Sua Grandiosità, c’era un Federer stesso, in carne e ossa, pronto a ricordargli come l’armamentario dei colpi fosse solo una parte del tutto, mentre ciò che faceva realmente la differenza appartenesse a sfere più personali, nelle quali si mischiavano studio, personalità, esperienza e molto altro ancora. Lo superò sette volte di seguito, prima che il bulgaro imparasse a costruire il suo tennis intorno alla propria personalità. Diversa l’emulazione, che offre una condizione di libertà sostanziale, pur tenendo conto dei fattori di rischio emulativo che la psicologia ha rilevato ormai da tempo. Emulare una delle attuali star del circuito, è un processo fondamentale, attraverso cui ci si identifica con il personaggio per far proprie le sue migliori qualità. Il corto circuito nasce in questo caso dall’immedesimazione, che se totale finirebbe per creare un clone, e con ogni probabilità un mostro.

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Sinner e Alcaraz: i due totem del tennis mondiale

Ci si può chiedere, a questo punto, se il tennis attuale, che in questo 2024 ha affrontato per vie dirette le problematiche di un ricambio al vertice atteso ormai da venti anni, abbia già creato e stia creando i nuovi emuli di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, numero uno e due della classifica, sebbene vi sia chi muove da considerazioni quali l’esatta divisione avvenuta nei tornei del Grand Slam – all’italiano quelli sul cemento, allo spagnolo i due su terra ed erba – per decretare che un ranking realmente rappresentativo dovrebbe concedere certamente a Sinner il numero uno, ma ad Alcaraz il numero uno e mezzo. Opinioni, come si vede… Così com’è opinabile la possibilità che proprio la finale del Six Kings Slam vinta da Sinner sul rivale, a Riad, con tutto il suo lusso, i lustrini, i milioni di dollari in palio e le limousine ad attendere i tennisti per riportarli nelle splendide suite dove hanno alloggiato, abbia fatto da acceleratore ai processi di emulazione già in atto. Si sa, soldi e notorietà, conquistano sempre la fantasia.

Il tennis suona a ritmo di Sinner e Alcaraz

Di fatto, in poco tempo, Sinner e Alcaraz, i SinAl, sembra abbiano convinto un bel po’ di giovani e aitanti tennisti che la strada maestra sia quella di imparare da loro, la solidità al ritmo folle di una batteria in nove ottavi (nel caso, ascoltate l’inizio di “Voices!” dei Dream Theater) dal tennis di Sinner, e l’inserimento continuo di variabili dai momenti migliori del tennis di Alcaraz. Un contributo, in larga parte banale, viene anche dalla comunicazione che attribuisce facili nickname ai tennisti più giovani ma già in grado di mettersi in mostra. I piccoli Sinner e i nuovi Alcaraz già abbondano.

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La filiera Sinner

Uno lo abbiamo da poco conosciuto in Coppa Davis, il brasiliano Joao Fonseca, diciotto anni appena compiuti (è del 2006), numero 154 del ranking Atp. Il piccolo Sinner, lo chiamano così in Brasile. Un ragazzino di buonissime speranze, che un po’ al Sinner originale somiglia. Per i capelli castani tendenti al rossiccio e la faccia seria, da bravo ragazzo. "Anche per le gambe, che sono magre, e spero un po’ per il mio gioco… Non vorrei che il paragone fosse solo fisico", dice lui, affatto preoccupato dal raffronto così ardito. A Casalecchio se l’è vista con Berrettini, che lo ha stordito nel primo set, ma nel secondo Fonseca lo ha tenuto in bilico, a lungo. Poi ha battuto facile il belga Collignon, e l’olandese Van de Zandschulp, che veniva dalla vittoria su Alcaraz agli US Open. Sempre la Davis ha abbinato a Sinner il belga Alexander Blockx, appena uscito dal percorso juniores, un tipo alto e già capace di ace sopra i 220 orari. Anche lui battuto da Berrettini, ma in tre set e tra mille risvolti pericolosi. Di Sinner ha la rapidità del braccio che colpisce la palla, e il ritmo del suo tennis ha già le cadenze di un rock forsennato. C’è un Sinner anche nella Repubblica Ceca, Jakub Mensik, 19 anni, e uno in Cina, Yunchaokete Bu, 22 anni, razza mongola, gran combattente che però ha scelto l’Accademia di Ferrero in Spagna e si allena con Alcaraz. Da aggiungere alla “filiera Sinner” anche Luciano Darderi e Matteo Arnaldi, pur tra i dovuti distinguo, e uno svizzero di buone speranze, ventunenne al 150 posto del ranking, Jerome Kym. Anche lui riccio con i capelli alti sulla fronte, divisa di ordinanza dei Sinner Boys.

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La filiera Alcaraz

Alcaraz invece ha il pregio di tenere in vita lo stile di gioco dell’inimitabile Federer, i cui poster abbondano (sono loro a dirlo) nelle stanzette dei ragazzi che ora frequentano a vario titolo il circuito. È una strada complicata emulare Alcaraz dal punto di vista tecnico (lo è anche quella di Sinner, se si completa l’insegnamento dando allo studio e allo spirito di sacrificio la stessa importanza che gli concede lui), ma ragazzi come Jack Draper e Arthur Fils già tra i primi venti della classifica, non avrei difficoltà ad accostarli allo spagnolo. Mai banali, veloci di braccio e di gambe, autori di punti che strappano applausi. Ben Shelton è un altro, e anche il grizzly Giovanni Mpetshi Perricard, nelle sue esagerazioni sembra possedere il gusto di sorprendere. Non so come finirà questa storia. Sinner e Alcaraz forniranno il nucleo centrale del tennis futuro, ma non è escluso che già dal prossimo anno vedremo sempre più piccoli Sinner e nuovi Alcaraz fronteggiarsi aspramente. Per essere loro i prossimi sfidanti dei capi cordata.

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La filiera Sinner

Uno lo abbiamo da poco conosciuto in Coppa Davis, il brasiliano Joao Fonseca, diciotto anni appena compiuti (è del 2006), numero 154 del ranking Atp. Il piccolo Sinner, lo chiamano così in Brasile. Un ragazzino di buonissime speranze, che un po’ al Sinner originale somiglia. Per i capelli castani tendenti al rossiccio e la faccia seria, da bravo ragazzo. "Anche per le gambe, che sono magre, e spero un po’ per il mio gioco… Non vorrei che il paragone fosse solo fisico", dice lui, affatto preoccupato dal raffronto così ardito. A Casalecchio se l’è vista con Berrettini, che lo ha stordito nel primo set, ma nel secondo Fonseca lo ha tenuto in bilico, a lungo. Poi ha battuto facile il belga Collignon, e l’olandese Van de Zandschulp, che veniva dalla vittoria su Alcaraz agli US Open. Sempre la Davis ha abbinato a Sinner il belga Alexander Blockx, appena uscito dal percorso juniores, un tipo alto e già capace di ace sopra i 220 orari. Anche lui battuto da Berrettini, ma in tre set e tra mille risvolti pericolosi. Di Sinner ha la rapidità del braccio che colpisce la palla, e il ritmo del suo tennis ha già le cadenze di un rock forsennato. C’è un Sinner anche nella Repubblica Ceca, Jakub Mensik, 19 anni, e uno in Cina, Yunchaokete Bu, 22 anni, razza mongola, gran combattente che però ha scelto l’Accademia di Ferrero in Spagna e si allena con Alcaraz. Da aggiungere alla “filiera Sinner” anche Luciano Darderi e Matteo Arnaldi, pur tra i dovuti distinguo, e uno svizzero di buone speranze, ventunenne al 150 posto del ranking, Jerome Kym. Anche lui riccio con i capelli alti sulla fronte, divisa di ordinanza dei Sinner Boys.

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