Politica e ancora politica. È sempre più una questione politica la positività dello scorso marzo, in seguito a due controlli effettuati a distanza di una settimana, di Jannik Sinner al Clostebol per contaminazione. Da una parte l’ITIA (International Tennis Integrity Agency), dall’altra la WADA (Agenzia Mondiale Antidoping). In mezzo c’è lui, il numero 1 del mondo che come un “catamarano” sta veleggiando tra le boe che ogni volta gli si ripresentano innanzi come macigni. Non è facile trovare concentrazione e motivazioni per andare oltre e proseguire una stagione che, per crescita e risultati, è strepitosa. Ieri l’ITIA è tornata a parlare, precisando sul ricorso della WADA sul verdetto di piena assoluzione che l’ITIA stessa, con tanto di accurato processo, aveva preso, dichiarando il campione non colpevole e tantomeno negligente, pur togliendogli i punti e il montepremi conquistato nel torneo “incriminato”, il 1000 di Indian Wells, dove Sinner aveva raggiunto la semifinale.
La nota dell'ITIA sul caso Sinner
A parlare per l’ITIA è stato il suo Ceo, Karen Moorhouse, che ha voluto spiegare con dovizia di causa la posizione dell’organismo: "Nel caso di Sinner, comprendiamo che il focus dell’appello è sull’interpretazione e sull’applicazione delle regole da parte del tribunale indipendente nel determinare quale livello di colpa possa coinvolgere il giocatore, piuttosto che sull’indagine dell’Itia sui fatti e sulla scienza - afferma la Moorhouse -. Detto questo, riconosciamo che è nostra responsabilità lavorare con i membri della famiglia del tennis per garantire che ci sia fi ducia nel processo e invitiamo al dialogo con i giocatori, i loro rappresentanti e i media su questo argomento. Comprendiamo inoltre che il caso che ha coinvolto Sinner sia stato al centro dell’attenzione e abbia provocato tanti commenti e tante speculazioni, in seguito alla nostra decisione di non attribuire nessuna colpa e nessuna negligenza al giocatore".