Pagina 2 | Sinner è il re tra i re a Riad: il montepremi monstre, l’obiettivo degli arabi

I tennisti non sono esibizionisti per natura. Solo un po’… E più fuori che in campo. Più a fine partita che durante… Sono i sauditi che li dipingono così. Six Kings Slam, simili a guerrieri di un tempo che fu, o che è esistito solo nelle fantasie di John Ronald Reuen Tolkien, che fu cittadino di Bournemouth, la città letteraria della fantascienza gotica, dove riposano Mary Shelley con il suo Frankenstein e insegnarono Robert Louis Stevenson, padre del dottor Jekyll, e Oscar Wilde, principe del decadentismo e autore del Ritratto di Dorian Gray. Ma forse l’idea dei sei Signori degli Anelli e del Tennis, veicolata per settimane in uno spot che deve essere costato un occhio della testa, i sauditi l’hanno presa dal cinema, uno dei grandi amori di Mohammad bin Salman Al Sa’ud, 39 anni, principe ereditario (primo nella linea di successione al trono saudita), primo ministro, Presidente del Consiglio per gli Affari economici e lo Sviluppo del regno, e Vice Custode delle due Sante Moschee. Anche appassionato di tennis, dicono. Sovrani e giullari insieme, i Sei Re dello Slam chiamati alla corte di Muhammad figlio di Salman, guida di un governo autoritario che ha preso a pallate (affatto simboliche) qualsiasi tipo di opposizione nel proprio Paese, ma ha aperto decine di porte all’Occidente. Tra i loro compiti, ci sarà quello, assai poco regale, di divertire il giovin signore dell’Arabia, che con il tennis ha aperto una via preferenziale lastricata di lingotti d’oro (mentre al calcio dei milionari d’importazione come Ronaldo, sembra stia ritirando parte delle proprie attenzioni), convinto possa essere un ottimo investimento futuro per il suo Consiglio dello Sviluppo. A patto che gli venga concesso ciò che ha chiesto, altrimenti l’esibizione dei Kings, pagata un milione e mezzo di dollari a testa per la sola presenza a Riad, e sei milioni di dollari per il vincitore (di tre partite), rimarrà lo svago di un fine settimana, e non si tramuterà in quel fresco rivolo saltellante di dollari che il vertice del tennis attende.

Gli arabi vogliono un Masters 1000 e le Atp Finals

Dopo aver preso le Next Gen Finals (a Gedda), la prima richiesta riguardava le Finals della WTA, che difatti si svolgeranno a Riad dal 2 al 9 novembre prossimi. La seconda tirava in ballo le Finals dell’ATP, che di sicuro prima o poi sbarcheranno a Riad, ma forse Gaudenzi e la Fitp riusciranno a trattenere per un altro quinquennio in Italia. La terza si rivolgeva a un Masters 1000 da giocare in Arabia prima o dopo gli Australian Open. E questo obiettivo resta perseguibile, potrebbe essere una prova, l’esibizione. La quarta e la quinta non le conosco, ma non è detto che non esistano.

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I partecipanti al Six Kings Slam

Dunque ai Re Giullari viene richiesto anche un ruolo da Apripista Milionari. Sapranno titillare e sollazzare il giusto le aspettative del futuro re saudita e convincerlo che i soldi destinati al tennis sono ben spesi? I sei convocati a corte sono il Djokovic dei 24 Slam e il Nadal dei 22, cui è stato concesso un “bye” per meriti storici acquisiti ed età raggiunta. Saranno gli avversari in semifinale di Sinner e Medvedev, che si affronteranno per misurarsi con Djokovic, e di Alcaraz e Rune, il cui obiettivo sarà Nadal. Come si vede tra i sei c’è anche un “non vincitore di Slam”, Holger Vitus Rune, il “prence bilioso” della Danimarca, la cui presenza potrebbe significare che qualche “no, grazie” vi sia stato, oppure, più semplicemente, che in Arabia il giovane Rune abbia un seguito che nel Resto del Mondo non ha. Del resto, i vincitori di Slam in attività (per poco, nel caso di Rafa), dopo l’annunciato ritiro di Thiem, sono solo cinque.

Six Kings Slam: montepremi mai visto

Che l’esibizione dorata cominci, dunque. Non è la prima, e non sarà l’ultima. È semplicemente la più ricca… La storia delle esibizioni fa da architrave (secondaria, non principale) allo sviluppo del nostro sport, sin dai primi anni del Novecento, e vede coinvolti tutti i grandi campioni, nessuno escluso. Divenne professionista nel 1926 Suzanne Lenglen, pur di non rinunciare a un ricco ingaggio in dollari (50 mila) per giocare una serie di match con la più forte statunitense di quegli anni, Mary Browne, e la sconfisse per 33 volte di seguito. Gran parte del circuito professionistico, prima che gli investitori sganciassero i soldi sufficienti a organizzare i primi tornei, si svolse nella logica delle esibizioni. Che si giocavano ovunque vi fosse uno spazio adeguato. Ne vennero organizzate alcune perfino nelle sale da ballo.

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I tornei di esibizione tornano di moda

Negli anni Settanta, i primi del circuito open, le esibizioni addirittura si moltiplicarono. Era un modo per far conoscere i campioni in un mondo diviso tra Paesi che il tennis lo conoscevano e praticavano da tempo, e Paesi che non lo avevano mai visto. Si andava ovunque, in Colombia, in Perù, ad Aruba. Gli ingaggi erano buoni e aiutavano a far quadrare i bilanci di tennisti già alle prese con stagioni lunghe e (tra viaggi e alberghi) anche assai dispendiose. Erano gli anni che una vittoria al Roland Garros “pagava” 30 mila dollari al vincitore. Gli ultimi US Open ne hanno messi in palio 100 mila per i perdenti al primo turno.Una delle più ambite nacque ad Anversa, la città dei diamanti. Si trattava di una esibizione “di Stato”, un po’ come quella di Riad, organizzata per poter chiedere più avanti un torneo. La paga era buona e il miraggio per il vincitore era di mettere le mani, prima o poi, sulla favolosa racchetta di pietre preziose, un gioiello a grandezza reale con incastonati 1420 diamanti. Occorreva vincere tre volte in cinque partecipazioni, per portarsela via. Vi riuscirono solo Ivan Lendl e Amelie Mauresmo. A Roma ci provò Carlo Della Vida, l’organizzatore più importante nei Settanta. Il tentativo durò due sole stagioni, sul campo in terra rossa dentro il PalaEur, nel quale i piedi affondavano. Vi parteciparono grandi campioni e fu l’occasione per vedere Panatta in doppio con Rod Laver.

Dalla Laver Cup al Six Kings Slam

Oggi l’esibizione più importante è la Laver Cup, voluta dalla Team8 di Roger Federer. Organizzazione principesca, televisioni e seguito mediatico, sotto l’egida dell’ATP. Ora Riad, che comincia oggi, ancora più ricca ma con ben altre pretese. Da ieri sera gira il video dell’arrivo di Sinner, accolto come una star. Mazzo di fiori, tazza di tè, succo di frutta. E un milione e mezzo di dollari garantito. Ma se vincerà, saranno 6. E lui ha già staccato tutti nella classifica, momentanea relativa ai montepremi con 12 milioni. Sinner è ufficialmente entrato nell’olimpo degli sportivi più ricchi. E partendo dal tennis al cospetto di sport che muovono per i giocatori molto più denaro, è affare per pochissimi eletti. Diventare il re dei re, sarebbe un altro trofeo. Del resto Jannik uno dall’Arabia già lo alzerà. Lo sponsor della Coppa per il n. 1 di fine anno è di PIF, il fondo arabo che dà anche il nome alla classifica ed è il nuovo partner dell’Atp Tour.

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I partecipanti al Six Kings Slam

Dunque ai Re Giullari viene richiesto anche un ruolo da Apripista Milionari. Sapranno titillare e sollazzare il giusto le aspettative del futuro re saudita e convincerlo che i soldi destinati al tennis sono ben spesi? I sei convocati a corte sono il Djokovic dei 24 Slam e il Nadal dei 22, cui è stato concesso un “bye” per meriti storici acquisiti ed età raggiunta. Saranno gli avversari in semifinale di Sinner e Medvedev, che si affronteranno per misurarsi con Djokovic, e di Alcaraz e Rune, il cui obiettivo sarà Nadal. Come si vede tra i sei c’è anche un “non vincitore di Slam”, Holger Vitus Rune, il “prence bilioso” della Danimarca, la cui presenza potrebbe significare che qualche “no, grazie” vi sia stato, oppure, più semplicemente, che in Arabia il giovane Rune abbia un seguito che nel Resto del Mondo non ha. Del resto, i vincitori di Slam in attività (per poco, nel caso di Rafa), dopo l’annunciato ritiro di Thiem, sono solo cinque.

Six Kings Slam: montepremi mai visto

Che l’esibizione dorata cominci, dunque. Non è la prima, e non sarà l’ultima. È semplicemente la più ricca… La storia delle esibizioni fa da architrave (secondaria, non principale) allo sviluppo del nostro sport, sin dai primi anni del Novecento, e vede coinvolti tutti i grandi campioni, nessuno escluso. Divenne professionista nel 1926 Suzanne Lenglen, pur di non rinunciare a un ricco ingaggio in dollari (50 mila) per giocare una serie di match con la più forte statunitense di quegli anni, Mary Browne, e la sconfisse per 33 volte di seguito. Gran parte del circuito professionistico, prima che gli investitori sganciassero i soldi sufficienti a organizzare i primi tornei, si svolse nella logica delle esibizioni. Che si giocavano ovunque vi fosse uno spazio adeguato. Ne vennero organizzate alcune perfino nelle sale da ballo.

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