No compromessi
La strada è questa. Non accettare compromessi. Rendere la vita complicata anche a chi gliela sta rendendo impossibile. No, non è facile… Non è lo per niente. Jannik ha sofferto anche contro Safiullin, ha perso il primo set, ma ha reagito con l’orgoglio che ha dimostrato in tutti questi mesi. Ha ripreso in mano il match e l’ha condotto in porto. Vittoria numero 57, solo 5 le sconfitte, e la serie di successi consecutivi sale a 13. Gli hanno consegnato il dispositivo Wada due giorni fa, e lui ha risposto con due vittorie, malgrado in ogni primo set sia stato costretto a rompere quel maledetto muro di ghiaccio. Vittima sacrificale di un’invidia sociale.
Chissà se gioiscono oggi i colleghi che hanno mosso eccezioni alla “non condanna” di Sinner, invece di valutare le buone indicazioni che vengono dalla sua vicenda. Creare un ufficio antidoping, per esempio, con buoni avvocati che aiutino tutti i tennisti sotto accusa. No, più facile lanciare accuse. «Io capisco che queste cose debbano essere accuratamente investigate per mantenere l’integrità dello sport che amiamo. Ciononostante, è difficile capire cosa si otterrà a interrogare un’altra diversa serie di tre giudici per guardare gli stessi fatti e documentazioni. Detto questo, non ho niente da nascondere, e così come ho fatto durante l’estate, collaborerò completamente con il processo di appello e fornirò qualsiasi cosa possa servire per provare nuovamente la mia innocenza». Si chiude così il comunicato di Sinner. Dall’inizio della vicenda doping, nel marzo scorso, Jannik Sinner ha vinto US Open, due Masters 1000 (Miami e Cincinnati), e il torneo di Halle. In più ha combattuto la battaglia sul fronte doping, quella con il personale stato d’animo, e con gli infortuni. Se questa vicenda servirà a rafforzarlo, finirà per diventare imbattibile.