Da inizio anno Davide Sanguinetti è il coach di Brandon Nakashima, 23enne di San Diego che oggi salirà al numero 40 Atp, suo best ranking, superando la miglior classifica (43) fdell’ottobre 2022, anno in cui vinse a Milano le Next Gen Atp Finals. Supererà anche il suo attuale tecnico che nel 2005 salì al numero 42 e come lui seppe raggiungere gli ottavi di finale agli US Open: «Nel novembre 2023 - ricorda Sanguinetti dalla Cina - ho ricevuto una chiamata e ha così preso forma la collaborazione. Quando abbiamo iniziato Nakashima era numero 151 ATP e il lavoro da fare era tanto. Ora sono con lui a Zhuhai dove è in programma uno dei quattro gironi della fase finale di Davis Cup, con gli Usa protagonisti. In questi appuntamenti è importante curare anche l’aspetto psicologico e delle emozioni e per questo l’ho accompagnato».
Che tipo di lavoro avete svolto in questi mesi e come avete archiviato gli US Open?
«Brandon ha sempre avuto un grande potenziale ma per esprimerlo aveva bisogno di essere più aggressivo e cercare di impostare un tennis più propositivo, senza disdegnare le discese a rete. Non è cosa facile quando non sei abituato a farlo ma piano piano, trasportando in partita l’impegno profuso in allenamento, stiamo riuscendo a realizzare il piano tattico. Gli ottavi raggiunti a New York rappresentano un bel risultato. Negli Slam considero per un giocatore come lui il secondo turno quasi una prassi, anche se molto dipende dagli accoppiamenti. Quando non sei testa di serie puoi incontrare i più forti subito. Agli US Open ha trovato Rune e giocato una gran partita. Si è ripetuto nel 3° turno contro Musetti e contro Zverev era un po’ scarico».
Massima concentrazione sul nuovo “assistito” per l’ex giocatore spezzino, nel 1998 capace di centrare i quarti a Wimbledon, ma cuore sempre in Italia. Che momento speciale si sta vivendo, partendo da Sinner?
«Direi unico. Jannik è appartiene alla categoria dei fenomeni. La sua forza principale, che lo differenzia da quasi tutti gli altri, è la mente. Sotto il profilo psicologico e della calma apparente che traspare quando gioca, è assolutamente il numero 1 del mondo. Lo ha confermato negli ultimi mesi anche nella gestione di quanto accaduto extra campo. Quando sei in vetta tutti cercano di fare contro di te la partita della vita e lasciano andare il braccio. Le pressioni attorno aumentano a dismisura e ogni volta sei costretto a vincere. Non è facile rispondere sempre presente».
Dove lo ha visto in azione recentemente e cosa ha pensato?
«Prendo due tornei che gli ho visto fare, Montecarlo e Cincinnati. Non ha espresso il meglio del suo tennis ma è riuscito ad arrivare in semifinale nel primo e vincere il secondo. Nei momenti delicati ha sempre saputo alzare il livello e questa è la fotografia di un vero numero uno».