Maestri
La parola Masters ci sembrava proibita, quasi una roba porno, per adulti che avevano accesso al magico mondo di Borg e McEnroe, poi di Lendl e Becker, poi di Sampras e Agassi, infine di Nadal e Federer (Djokovic non vale: sta ancora qui). Abbiamo vagheggiato per decenni anche solo un Gerulaitis, un picchiatore da terra come Muster, che ci nascesse un fenomeno come Chang che ai cambi campo si nutriva di banane come SuperPippo di spagnolette, un servitore come Ivanisevic, un voleador che non fosse necessariamente un Edberg ma anche solo un Henman o un Leconte. Invidiavamo gli spagnoli e perfino i francesi. A un certo punto addirittura gli svizzeri e gli austriaci. Insomma, non vogliamo farla troppo tragica, ma è stata veramente dura la nostra vita di voyeur/tifosi italiani del tennis prima di diventare Carota Boys. E metterci davanti alla tv fiduciosi che il nostro eroe potesse pigliare a pallate il numero uno del mondo, il più vincente di ogni tempo. A darci ogni tanto pizzicotti per avere la certezza di non essere rimasti addormentati, in balia di qualche sogno osé. Adesso guardano il tennis anche le mamma e le nonne, ci scrive messaggi goduti su whatsapp pure il cugino che l’ultima volta ci aveva chiesto perché un punto ne valesse 15 e perché si passasse dal 30 al 40 anziché al 45. Sui social sembrano tutti Galeazzi, pontifica sul carattere di Djokovic e sulle esuberanze di Alcaraz anche chi al massimo ha giocato a ping pong da piccolo all’oratorio. Si annulla il calcetto della mattina o si salta l’apericena della sera perché c’è Sinner in tv. Si tifa in maniera smodata: del resto quello siamo, un Paese di tifosi.
Ora sono tornati meritoriamente famosi Panatta & Bertolucci, perché commentano questo fantastico sport altrettanto bene di come lo praticavano, quando gran parte di chi li ascolta o li legge non era manco nato. E pazienza per gli snob e gl’integralisti, quelli che si ricordano del servizio di Tanner, del gioco sporco di Gilbert, degli smash di Noah, del talento perduto di Ancic, e adesso fanno un po’ gli infastiditi per il proliferare di tuttologi del dritto in topspin e del rovescio bimane. Sinner ha ridato il tennis all’Italia: grazie, Jannik. E pensare che fino a poco tempo fa c’era chi diceva e scriveva che nemmeno era un italiano vero, alla Toto Cutugno, e adesso è salito sul carro come se niente fosse, tutto rosa e fiori.