Giusto riconoscimento a Sinner
Per essere uno che raramente è d’accordo con l’Atp, trovo invece giusta e meditata la scelta di Vagnozzi e Cahill. Hanno preso Sinner poco meno di due anni fa, quando il nostro Semola, ventenne, mostrava di avere due colpi da campione con poco tennis intorno. Lo hanno guidato senza sovrapporsi alle indicazioni che giungevano da lui e lo hanno portato, con quattro chili di muscoli in più, a essere un candidato importante per il podio futuro. Oggi Sinner ha ancora i suoi colpi da campione e sa che cosa fare in quasi tutti i momenti del match e in qualsiasi zona del campo. Non è più il Sinner di prima, ma un altro. Più maturo, e forse anche più italiano, come ebbe a dire Vagnozzi in un’intervista del dopo Wimbledon. "Occorre lavorare ancora in profondità", aggiunse il coach. "Jannik deve migliorare su tutti gli aspetti, a cominciare da quelli del fisico e della tattica. Sarà un lavoro ancora lungo, non c’è settore del suo tennis che Jannik non possa migliorare". Parte di questo progetto è già in essere, e ha contribuito non poco alla bella avventura degli ultimi due mesi (e alle disavventure di chi lo ha incontrato), conclusi con una Davis intorno alla quale innalzare canti di gioia. Il resto arriverà, magari poco alla volta, ma sempre onorando quello stimolo a crescere presente in ogni discorso che il ventiduenne consegna ai media. Si rilassi Djokovic, il voto non era contro di lui, né contro le vittorie o i numeri micidiali di cui fa bene a vantarsi, tanto meno era contro Ivanisevic, che a quel premio evidentemente teneva. A dimostrazione (valida anche per lo stesso Nole) che nella vita si può cambiare, non serve essere tutti d’un pezzo né avere convinzioni unilaterali. Ivanisevic era un grande mangiatore di coach, li utilizzava “usa e getta”, come kleenex. Oggi vorrebbe essere lui il più in gamba…
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I "premi" di Rublev e Tsitsipas
Nella serata del Rosicone d’oro, altri premi sono stati consegnati dalla giuria Vip (very inutil people) al tennis maschile. A Stan Wawrinka l’Abakuk Award 2023, per come a 38 anni recita nei panni del profeta pensieroso e dolente (uno dei 12 di Israele) che ha dato vita all’espressione “vecchio come il cucco”. A Rublev la menzione speciale “Pila de facioli” per il borbottio continuo con cui ricopre i propri match (quando non ricorre alle mani, come nell’ultima esibizione, contro l’arbitro). Altra menzione speciale “Stai a guardà er capello” a Milos Raonic, rientrato nel circuito dopo anni d’assenza, non più la capigliatura plastificata di Ken (quello della Barbie) ma riccioluto, a evidenziare una confortante metamorfosi. Premio “Scappato de Casa” a Tsitsipas, che ha provato a mollare i genitori scegliendo Philippoussis come coach, salvo fare ritorno quando il pubblico ha cominciato a chiedersi “Chi l’ha visto?”. Infine l’ambito Premio “Aridaje” destinato a chi non smette di vincere. E questo, sì, è andato a Novak Djokovic. E senza contestazioni.
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