Sei anni di apprendistato alla corte di Roberto De Zerbi per poi mettersi in proprio e presentarsi come un allenatore della nouvelle vague: contenuti tecnici, calcio propositivo e coraggioso, il risultato da acquisire attraverso il gioco. A 47 anni Davide Possanzini non è tra gli allenatori più giovani del panorama italiano, ma nel ruolo di capo allenatore è un foglio ancora bianco sul quale scrivere capitoli di novità tattiche. L’impatto a Mantova è stato quello di un uomo che si sente al posto giusto nel momento giusto per proporre le sue idee. Presa in mano una squadra che per buona parte dell’estate ha dovuto attendere il ripescaggio, sta rivitalizzando un ambiente depresso dall’ipotesi di dover ripartire dalla D per la terza volta negli ultimi 13 anni, lasso di tempo in cui ci sono stati due fallimenti del club. Mantova però sa riconoscere quando c’è un progetto tecnico e societario che merita e si è riaccesa col calcio di Davide Possanzini, che dopo 11 giornate ha portato i virgiliani in vetta solitaria (26 punti, + 3 su Triestina e Padova) nel girone A.
In 5 mesi, dalla retrocessione al sogno di ritrovare quella B che manca dal 2010 (4 anni prima la finale playoff persa con il Torino). Secondo miglior attacco e seconda miglior difesa, a Possanzini i numeri interessano il giusto. Il suo calcio deve portare al dominio della partita, al possesso palla superiore all’avversario, ma solo se conduce ad azioni pericolose e al gol. Serie aperta di tre vittorie consecutive, 13 punti nelle ultime 5 partite, solo la Triestina è riuscita a fermare la corsa del SuperMantova del Possa. Il suo 4-3-3 prevede una variazione sul tema: si difende a 4, ma si costruisce a 3. Si prende qualche rischio partendo dal basso per trasformarlo in vantaggi nella metà campo avversaria. Il sistema possanziniano non prevede un vero bomber. Poteva essere Monachello, ma è ancora a secco, spicca Galuppini (un falso nueve) con 3 gol, la Grande Bellezza del Mantova sta nel fatto che 11 giocatori hanno trovato la rete.