Pagina 1 | “Grande Torino sempre vivo”, Rui Costa commosso: i cimeli a casa Benfica

Non ci volevano credere, i dirigenti del Benfica: «Ma come, in quella valigia lì? Proprio lì dentro erano? E non si sono rotti?». No, non si sono rotti. Pedro Blanco, uno dei funzionari del club portoghese, non voleva più staccare gli occhi dalla teca in cui era stata posizionata la valigia da viaggio di Virgilio Maroso, donata lustri fa dalla vedova Carla, poi scomparsa nel 2018 a 89 anni. Fu trovata insieme a quelle dei compagni a Superga nella coda dell’aereo, la stiva di quel G.212 Fiat I-Elce, rimasta come conficcata nel terrapieno sotto il retro della basilica, ma incredibilmente quasi intatta a differenza della cabina di pilotaggio (pressoché disintegrata dall’impatto) e di quasi tutta la fusoliera (ridotta a un ammasso di rottami, come le due ali). «Ma quindi dentro a quella valigia hanno trovato dei dischi comprati a Lisbona?». A turno, la domanda dei dirigenti del Benfica è risuonata più volte nel museo della loro società, ieri nel tardo pomeriggio.

La valigia di Maroso

Con Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari, presidente e direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, obbligati più volte a spiegare, a illustrare: «Nostro dovere, come sempre». Virgilio Maroso suonava il pianoforte, adorava la musica classica e il jazz, si dilettava a suonare Chopin, prendeva lezioni da un noto professore del Conservatorio. Con Carla si era sposato appena l’anno prima. Lui la portava ai concerti, nei teatri. A casa ascoltavano per radio le opere tenendosi per mano, sognavano un figlio e una vita insieme per sempre, non hanno avuto il primo e hanno perduto in modi diversi la seconda. Virgilio riconosciuto soltanto per esclusione da Vittorio Pozzo, al termine di quel tragico compito tra i resti delle 31 vittime nella camera mortuaria del cimitero generale di Torino. E Carla: segnata per sempre, con gli occhi che si saranno posati chissà quante migliaia di volte, in casa, sui dischi di jazz trovati intatti nella valigia del marito. «Chissà cosa troverò lì a Lisbona! Sicuramente tanti dischi americani che qui da noi non si vendono ancora. Qualcuno lo comprerò di sicuro, Carla»: le aveva detto così nei giorni precedenti alla partenza.

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Toro e Benfica: "Eterna amizade"

Da ieri quella valigia è di nuovo a Lisbona. Resterà conservata nel Museo del Benfica nello stadio Da Luz fino al 4 maggio del prossimo anno, 76° anniversario della tragedia, così come la cartolina spedita dal terzino sinistro del Grande Torino e ricevuta da sua moglie giorni dopo la sciagura, come un fanale dell’aereo e come il libretto di volo del primo pilota, Pierluigi Meroni. Sono i cimeli conservati dal Museo del Grande Torino, prestati al Museo del Benfica, mai esposti prima al di fuori dall’Italia. «Eterna amizade» è scritto in alto, nel salone dedicato ai campioni del Torino. Lì, dove già campeggia da anni un resto delle lamiere dell’aereo, donato dal Museo granata, si è aperta nel tardo pomeriggio di ieri la mostra che il club portoghese ha voluto dedicare al Grande Torino, per i 75 anni della tragedia (in occasione della prima edizione della Giornata dello Sport Italiano nel Mondo, promossa dal nostro Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la mostra, curata da Luis Lapão e Andrea Ragusa, è stata allestita in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Lisbona e appunto il Museo del Grande Torino). Per il club granata, presente all’inaugurazione il direttore operativo Alberto Barile. «Siamo venuti qui a Lisbona per raccogliere i frutti del seme che Ferreira e Mazzola piantarono 75 anni fa e che miracolosamente ancora fiorisce. Non siamo noi che abbiamo scelto di diventare amici, è questa eterna amicizia che ha scelto tutti noi», ha detto Beccaria. Ferreira, capitano del Benfica e del Portogallo, durante la festa organizzata a Genova per celebrare le due nazionali, a margine dell’amichevole giocata nel febbraio ‘49 (4° e ultimo gol azzurro segnato da Maroso, tra l’altro), invitò l’amico Valentino e il Grande Torino a disputare un’amichevole a Lisbona: l’inizio della fine.

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Le parole di Rui Costa

Ha detto con sensibilità Manuel Rui Costa, ex stella del Benfica di cui ora è il presidente, indimenticabile campione del Milan e della Fiorentina: «Il Benfica e tutto il Portogallo onorano il Grande Torino, come è giusto che sia. Non può essere altrimenti. Il Grande Torino fa parte della storia del Benfica, la sua luce è nei nostri cuori. Nel segno di questa amicizia tra due club, due tifoserie, due musei, il calcio unisce. Noi del Benfica non ci sentiamo colpevoli per l’organizzazione di quella partita amichevole, ma proviamo tutti un grande rammarico, un rimpianto enorme anche 75 anni dopo. Doveva essere un momento soltanto di gioia, di allegria, con la visita a Lisbona di quella che era la squadra più forte e famosa del mondo. Invece, il giorno dopo... Ho visto la fotografia, scattata nel 1949, della piazza davanti all’Ambasciata d’Italia qui a Lisbona, stracolma di persone scioccate dalla notizia della tragedia: un enorme tributo popolare, emozionante. Da quel giorno il Grande Torino è diventato qualcosa anche di nostro, carne della nostra carne. Noi benfiquisti conosciamo tutti bene la storia del Grande Torino, esattamente come sappiamo di aver vinto 38 campionati... Ogni tifoso tramanda la storia ai figli, insieme con l’amore per la nostra squadra. Mio padre stesso fece così con me. Lui ha 74 anni, non era ancora nato quando accadde Superga. Crescendo, la sua famiglia gli spiegò i fatti, i significati di quell’amichevole, l’eredità spirituale che deve essere presente nell’animo di tutti i benfiquisti. Poi, tanti anni dopo, papà fece lo stesso con me, quando ero un ragazzino. E subito mi spiegò anche che quella squadra rappresentava il volto più bello della nuova Italia, libera, democratica, rinata dopo la tragedia della guerra e della dittatura fascista. Qui, nel salone dedicato ai campioni granata, abbiamo voluto riprodurre su una parete una frase bellissima che compare nel Museo del Grande Torino: la tragedia non è morire ma dimenticare, e noi non dimentichiamo».

Un nuovo inizio oltre la fine

Un nuovo inizio oltre la fine, l’eterno ritorno circolare dell’amicizia, altre semine della memoria. E un prodigio in più: d’intesa con le istituzioni della capitale lusitana, le scolaresche di Lisbona (le nostre scuole Elementari e Medie) saranno accompagnate nei prossimi mesi a visitare la mostra. Scelta enorme per il valore sociale, storico e sportivo: sull’albero dell’amizade, le radici di ieri sono i rami di domani.

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Non ci volevano credere, i dirigenti del Benfica: «Ma come, in quella valigia lì? Proprio lì dentro erano? E non si sono rotti?». No, non si sono rotti. Pedro Blanco, uno dei funzionari del club portoghese, non voleva più staccare gli occhi dalla teca in cui era stata posizionata la valigia da viaggio di Virgilio Maroso, donata lustri fa dalla vedova Carla, poi scomparsa nel 2018 a 89 anni. Fu trovata insieme a quelle dei compagni a Superga nella coda dell’aereo, la stiva di quel G.212 Fiat I-Elce, rimasta come conficcata nel terrapieno sotto il retro della basilica, ma incredibilmente quasi intatta a differenza della cabina di pilotaggio (pressoché disintegrata dall’impatto) e di quasi tutta la fusoliera (ridotta a un ammasso di rottami, come le due ali). «Ma quindi dentro a quella valigia hanno trovato dei dischi comprati a Lisbona?». A turno, la domanda dei dirigenti del Benfica è risuonata più volte nel museo della loro società, ieri nel tardo pomeriggio.

La valigia di Maroso

Con Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari, presidente e direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, obbligati più volte a spiegare, a illustrare: «Nostro dovere, come sempre». Virgilio Maroso suonava il pianoforte, adorava la musica classica e il jazz, si dilettava a suonare Chopin, prendeva lezioni da un noto professore del Conservatorio. Con Carla si era sposato appena l’anno prima. Lui la portava ai concerti, nei teatri. A casa ascoltavano per radio le opere tenendosi per mano, sognavano un figlio e una vita insieme per sempre, non hanno avuto il primo e hanno perduto in modi diversi la seconda. Virgilio riconosciuto soltanto per esclusione da Vittorio Pozzo, al termine di quel tragico compito tra i resti delle 31 vittime nella camera mortuaria del cimitero generale di Torino. E Carla: segnata per sempre, con gli occhi che si saranno posati chissà quante migliaia di volte, in casa, sui dischi di jazz trovati intatti nella valigia del marito. «Chissà cosa troverò lì a Lisbona! Sicuramente tanti dischi americani che qui da noi non si vendono ancora. Qualcuno lo comprerò di sicuro, Carla»: le aveva detto così nei giorni precedenti alla partenza.

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