TORINO - Il dizionario definisce la dipendenza come l’incapacità di fare a meno di una persona. E questo sgombra il campo da ogni ragionevole dubbio: già, la Juventus attuale è Vlahovic-dipendente. Un concetto che, di per sé, non si porta appresso alcuna accezione negativa: la maggior parte dei club, in Italia come nel mondo, farebbe carte false per dipendere da un giocatore che ha già messo a segno sette reti in nove partite. Certo, soltanto con l’imminente filotto di sfide si entrerà nel cuore della stagione: sette partite in ventidue giorni tra campionato e coppa, secondo una cadenza che si ripeterà con continuità nel corso dell’annata, a maggior ragione nell’epoca della nuova e affollata Champions League. La ricetta bianconera, però, non pare in predicato di subire variazioni. Anzi. Più Vlahovic che mai: ieri, oggi e domani.
Juve, dipendenza da Vlahovic
La dipendenza della Juventus da DV9 è fotografata, intanto, dai freddi numeri. Che raccontano come l’attaccante serbo abbia finora trascorso in campo addirittura 758 degli 810’ totali disputati dalla squadra. Tradotto: Vlahovic è sempre partito titolare ed è sempre rimasto in campo fino al triplice fischio, con le sole eccezioni dei 7’ finali contro la Roma e della seconda frazione di fronte al Napoli. Lo scorso anno, per dire, dopo lo stesso numero di partite, il suo tassametro era fermo a 451’, complice qualche acciacco fisico e la maggior concorrenza (Chiesa, Kean e Milik) per le due maglie offensive nel 3-5-2 di allegriana memoria. Ecco, l’assenza di concorrenza interna: in contumacia dei ciclici problemi alle ginocchia che stanno azzerando l’apporto di Milik, questa è indubbiamente la causa principale della dipendenza, all’interno di uno scacchiere in cui Thiago Motta ha già dimostrato di non aver timore a variare gli interpreti. Certo, davanti possono agire Nico Gonzalez o Yildiz, persino Weah all’occorrenza. Ma, appunto, non si tratta di prime punte di professione.
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