Pagina 1 | Chiellini 40 anni! Incontro con Scanavino e ritorno alla Juve: il possibile ruolo

Auguri Giorgione! Oggi sono 40, come i gol segnati nella Juventus, compresi i quattro nelle amichevoli, che si contano comunque perché di “amichevole” in campo non ha mai considerato nulla. La famosa trasformazione da Dottor Chiellini (in tutti i sensi, vista la laurea magistrale) a Mister Giorgio, terrore di qualsiasi attaccante, gioia per qualsiasi allenatore che poteva contare su di lui. E orgoglio di milioni di tifosi, che lo hanno amato e lo amano. Per tante ragioni. Tantissime. Forse proprio quaranta, pure anche di più. E se sugli almanacchi ci sono le presenze e i gol, il vero conteggio è quello dei bendaggi per contenere qualche ferita sulla testa, rimediata saltando di testa. Il turbante post craniata è diventato un marchio di fabbrica, il sigillo alle partite più eroiche e amate dai tifosi, per i quali vederlo con i cerottoni sula fronte è sempre stato motivo di tranquillità. Chiellini è stato l’esempio di come un difensore può essere amato più di un attaccante. Questione di generosità e dedizione alla causa, ma anche di carattere mostrato in campo, di maglia sudata (e qualche volta pure insanguinata) senza mai lesinare un grammo di fatica e forza di volontà.

Chiellini e la dedizione al lavoro

Già, la forza di volontà. Raccontava un compagno che Chiellini lo ha conosciuto fin dagli inizi alla Juventus: "Le prime volte che l’ho visto, ne apprezzavo le qualità difensive, ma i piedi... Diciamo faticava con gli appoggi da due passi. A distanza di una decina d’anni faceva i lanci da cinquanta metri sui piedi degli attaccanti. Non ha mai, letteralmente mai, smesso di lavorare per migliorasi come calciatore". La sua grandezza di difensore era, sì, legata alla cattiveria agonistica, la più appariscente delle sue caratteristiche, ma è sempre stata l’enorme capacità di concentrazione l’arma più affilata di Chiellini, quella che faceva dormire serenamente gli allenatori prima di una grande sfida. E poi ci sono il fisico, il senso della posizione, la capacità di dialogare con i compagni di reparto, perfino una certa abilità realizzativa. Tutto tenuto insieme da un amore sconfinato per il calcio.

Chiellini e la passione sconfinata per il calcio

Uno dei segreti del successo di Giorgione è l’essersi innamorato del pallone quando era un bambino senza farsela passare mai. Divoratore di almanacchi e conoscitore dei più remoti anfratti calcistici, Chiellini ha collezionato figurine prima di diventarne una lui stesso e ha passato ore, ore e ore davanti a Football Manager. Un nerd del pallone, come il suo fratello gemello Claudio, che oggi è un brillante dirigente, responsabile della Next Gen. Tra un paio di mesi potrebbero essere tutti e due nel management bianconero: il destino di Giorgio pare scritto, anche se ne dovrà parlare con l’amministratore delegato bianconero Maurizio Scanavino a settembre. Niente è stato definito, ma c’è una certezza: non entrerà nell’area tecnica della dirigenza, insomma non si occuperà direttamente della squadra o del calciomercato. Starà nell’area che si occupa di commerciale e di rapporti istituzionali, da dove lui stesso vorrebbe iniziare la sua carriera da dirigente. Non ha mai avuto problemi di presunzione e, quindi, vuole imparare il mestiere, senza pensare che le sue presenze in Serie A o il suo palmares possano bastare a comandare, come se fosse ancora in campo.

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L'esperienza manageriale a Los Angeles

Nella sua esperienza da dirigente dei Los Angeles (dove ha giocato e vinto un titolo della Major League Soccer), ha esplorato i territori del marketing dello sport americano. Scoprendo cose interessantissime, anche se non tutte applicabili al nostro sistema. Gli anni trascorsi in California restituiscono all’Italia un potenziale grande manager, perché lo sport professionistico Usa resta un esempio, un punto di riferimento a cui il calcio sta guardando da tempo, ma che pochi hanno studiato così da vicino. Anzi proprio da dentro. Anche perché Chiellini non ha mai avuto problemi a studiare, anzi gli è sempre piaciuto moltissimo. Lo faceva al liceo perché i suoi genitori non gli avrebbero consentito di continuare con il calcio se non fosse stato promosso e con buoni voti tutti gli anni e lui non ne ha mai perso uno. E, anche nel calcio, ha sempre cercato di compiere ogni stagione un passo avanti, progredendo sul piano delle conoscenze e della tecnica. La strada per diventare dirigente l’ha imboccata da un pezzo, da quando - già una decina di anni fa - ha capito che l’allenatore proprio non lo voleva fare, che era un tipo da scrivania non da panchina. Ma quella strada non l’ha voluta percorrere a grande velocità, ci ha camminato senza troppa fretta, godendosi il percorso che, tanto per fare un esempio, lo ha portato a vivere la realtà dei Los Angeles Lakers, una delle società sportive più grandi e conosciute del pianeta. Ha frequentato il palazzetto e anche la sede, ha conosciuto persone, ha scambiato idee e si è divertito un mondo, perché la pallacanestro è il secondo amore sportivo del Chiello. E non ha fretta neanche ora che sta per entrare nel gruppo dirigente della squadra che è stata la sua per quasi vent’anni, nei quali ha incrociato giocatori strepitosi, allenatori storici, dirigenti leggendari: ha copiato molti di loro per completarsi prima come calciatore, ma anche come futuro dirigente.

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Chiellini e la profezia di Furino

Le lunghe chiacchierate con Marotta, Paratici e Cherubini, la grande amicizia con Andrea Agnelli: Chiellini ha assorbito la Juventus degli ultimi dieci anni, quella che quasi sempre ha anticipato i tempi. Chiellini è molto apprezzato dall’attuale dirigenza e ha colpito la proprietà quando, un’estate fa, aveva avuto un faccia a faccia con John Elkann in California. L’idea di inserire un simbolo di juventinità nel gruppo dirigente c’è sempre stato, ma dopo quel colloquio è parso ancora più sensato. A fare il dirigente, Chiellini, ci arriva a quaranta, con vent’anni davanti per avverare la profezia di Beppe Furino che, qualche tempo fa, quando Giorgio ancora giocava, aveva detto: "In Chiellini vedo un nuovo Boniperti". Chiellini aveva apprezzato molto e aveva chiamato Furino. E siccome è difficile trovare uno più gobbo di Furia, si era pure preso un mezzo cazziatone perché dedicava troppe energie alla Nazionale invece di concentrarle tutte sulla Juve. Ma la stima del vecchio capitano verso il nuovo capitano era e resta infinita. Poi se Chiellini diventerà un nuovo Boniperti c’è tutto il tempo per scoprirlo, l’unica certezza è che il calcio italiano acquisisce una professionalità rara perché unisce un’esperienza di altissimo livello in campo a una preparazione da grande manager fuori. Auguri Giorgio, a quaranta anni inizia la tua seconda vita, che sicuramente riserverà molte altre battaglie, ma in linea di massima sensata necessità di bendaggi a turbante.

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Auguri Giorgione! Oggi sono 40, come i gol segnati nella Juventus, compresi i quattro nelle amichevoli, che si contano comunque perché di “amichevole” in campo non ha mai considerato nulla. La famosa trasformazione da Dottor Chiellini (in tutti i sensi, vista la laurea magistrale) a Mister Giorgio, terrore di qualsiasi attaccante, gioia per qualsiasi allenatore che poteva contare su di lui. E orgoglio di milioni di tifosi, che lo hanno amato e lo amano. Per tante ragioni. Tantissime. Forse proprio quaranta, pure anche di più. E se sugli almanacchi ci sono le presenze e i gol, il vero conteggio è quello dei bendaggi per contenere qualche ferita sulla testa, rimediata saltando di testa. Il turbante post craniata è diventato un marchio di fabbrica, il sigillo alle partite più eroiche e amate dai tifosi, per i quali vederlo con i cerottoni sula fronte è sempre stato motivo di tranquillità. Chiellini è stato l’esempio di come un difensore può essere amato più di un attaccante. Questione di generosità e dedizione alla causa, ma anche di carattere mostrato in campo, di maglia sudata (e qualche volta pure insanguinata) senza mai lesinare un grammo di fatica e forza di volontà.

Chiellini e la dedizione al lavoro

Già, la forza di volontà. Raccontava un compagno che Chiellini lo ha conosciuto fin dagli inizi alla Juventus: "Le prime volte che l’ho visto, ne apprezzavo le qualità difensive, ma i piedi... Diciamo faticava con gli appoggi da due passi. A distanza di una decina d’anni faceva i lanci da cinquanta metri sui piedi degli attaccanti. Non ha mai, letteralmente mai, smesso di lavorare per migliorasi come calciatore". La sua grandezza di difensore era, sì, legata alla cattiveria agonistica, la più appariscente delle sue caratteristiche, ma è sempre stata l’enorme capacità di concentrazione l’arma più affilata di Chiellini, quella che faceva dormire serenamente gli allenatori prima di una grande sfida. E poi ci sono il fisico, il senso della posizione, la capacità di dialogare con i compagni di reparto, perfino una certa abilità realizzativa. Tutto tenuto insieme da un amore sconfinato per il calcio.

Chiellini e la passione sconfinata per il calcio

Uno dei segreti del successo di Giorgione è l’essersi innamorato del pallone quando era un bambino senza farsela passare mai. Divoratore di almanacchi e conoscitore dei più remoti anfratti calcistici, Chiellini ha collezionato figurine prima di diventarne una lui stesso e ha passato ore, ore e ore davanti a Football Manager. Un nerd del pallone, come il suo fratello gemello Claudio, che oggi è un brillante dirigente, responsabile della Next Gen. Tra un paio di mesi potrebbero essere tutti e due nel management bianconero: il destino di Giorgio pare scritto, anche se ne dovrà parlare con l’amministratore delegato bianconero Maurizio Scanavino a settembre. Niente è stato definito, ma c’è una certezza: non entrerà nell’area tecnica della dirigenza, insomma non si occuperà direttamente della squadra o del calciomercato. Starà nell’area che si occupa di commerciale e di rapporti istituzionali, da dove lui stesso vorrebbe iniziare la sua carriera da dirigente. Non ha mai avuto problemi di presunzione e, quindi, vuole imparare il mestiere, senza pensare che le sue presenze in Serie A o il suo palmares possano bastare a comandare, come se fosse ancora in campo.

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