La nuova Juven nasce sulle fondamenta della vecchia
Piace, poi, l’idea di uno strappo con un recente passato di pochi successi e tante tribolazioni (anche e soprattuto extracalcistiche). Giusto, la tossicità diffusa che ha inquinato l’ambiente nelle ultime due stagioni aveva avvilito l’animo del popolo bianconero. L’unica avvertenza, però, è non vivere tutto come una contrapposizione fra prima e dopo. Il tifoso juventino si è specializzato, negli ultimi tempi, nel dividersi in fazioni e il confronto fra le due gestioni offre il terreno perfetto per battaglie campali dai bar ai social network. La verità è che, pur cambiando molto, la Juventus ha una sua continuità: gli acquisti azzeccati di Giuntoli nascono anche dalla possibilità di vendere i giovani allevati da chi c’era prima di lui; il fatto che la squadra non abbia perso la rotta nella burrasca giudiziaria e sia rimasta una base sulla quale costruire lo si deve a chi ha gestito quei momenti dal novembre del 2022 in poi; il fatto che Thiago Motta sia entusiasta del centro sportivo dove lavorerà lo si deve a chi, quel centro, lo ha voluto, pensato e costruito. Insomma, la nuova Juventus nasce sulle fondamenta della vecchia, come è sempre stato nella ultracentenaria storia del club, che più volte ha cambiato dirigenti, ma non ha mai azzerato il lavoro fatto precedentemente. Questione di pragmatismo piemontese. Sconfitto Napoleone, in piena Restaurazione alcuni nobili andarono dal re Vittorio Emanuele I per chiedere di distruggere il ponte dell’attuale piazza Vittorio Veneto, in quanto costruito da Napoleone e, quindi, "opera del Demonio". Il re deglutì all’idea di doverne pagare un altro e sentenziò: "Un ponte è sempre un ponte". Quel ponte è ancora lì. Come la Juventus.