La Juve operaia che piace ad Allegri
Proprio per questo ad Allegri piace assai la definizione di “squadra operaia” che per qualcuno, ammaliato da una certa narrazione “fru fru” e da un modernismo parolaio, potrebbe perfino essere giudicata come un’offesa. Ma appunto, non a lui: «A me piace molto questa definizione. Il calcio è uno sport maschio, quando si va in campo bisogna lottare, vincere i duelli. La gente si entusiasma, poi è il DNA della Juve ottenere queste vittorie di lotta e sofferenza. Non ci vergogniamo, anzi deve essere una qualità che ci deve far giocare e vincere».
Allegri, le variabili tattiche e i dettagli
Sì, certo, Allegri e il suo staff lavorano molto sulle variabili tattiche (Dazn, per esempio, ha pubblicato un appunto su cui era disegnato un 4-3-3 che prevedeva nel finale con il Verona un tridente con Vlahovic al vertice e con Chiesa e Kean ai lati, ma l’ammonizione di quest’ultimo lo ha indotto a cambiare i piani), ma non perde mai di vista i dettagli gestionali e motivazionali. Quanto ai primi, per esempio, dopo la partita ha difeso Vlahovic nonostante sia stato protagonista di un gara oggettivamente insufficiente, ma in pubblico non si butta mai a mare un proprio giocatore. Quanto ai secondi, ha confermato di saper leggere i momenti nei finali di partita: a differenza di Milano, quando serviva adrenalina e carica per non mollare, sabato sera ha mantenuto la calma per non ingenerare ansia supplementare. Perché alla fine la sintesi è sempre la stessa: il gioco lo fanno i giocatori, le squadre le tengono assieme gli allenatori.