Pagina 0 | Tardelli e il retroscena su Boniperti: “Lì capii cos’era la Juventus”

Marco Tardelli, 374 partite, 5 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa e una Supercoppa europea nella Juventus: cosa significa farne parte?

«Significa far parte di una squadra storica. Di una squadra che ha avuto la famiglia Agnelli come presenza perenne. Far parte di un gruppo che è legato alla maglia. Sempre».

Qual è il ricordo più significativo della sua carriera per spiegare a qualcuno cos’è la Juventus?

«Quando sono arrivato alla Juventus nel 1975 ero uno dei giocatori più pagati, non come stipendio ma come cartellino: mi avevano acquistato per un miliardo dal Como nonostante fossi un terzino, mi sembra che a quei tempi dopo Savoldi (dal Bologna al Napoli per due miliardi, ndr) fossi stato il giocatore pagato di più. Appena arrivai dal presidente Boniperti mi disse “Togliti la collanina, togliti il braccialetto, vatti a tagliare i capelli e poi torna da me”. Lì capii che la Juventus era un’altra cosa».

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Cos’ha di diverso la Juventus dalle altre società?

«La Juventus dove giocavo io era una squadra con delle regole. Che rispettava quello che veniva detto dal presidente, dall’Avvocato. C’era un rispetto importante delle regole. Se non le rispettavi venivi mandato via. Le altre squadre forse saranno state diverse, ma non è che fossero peggio o meglio, avevano grandi presidenti anche le altre. Una caratteristica nostra era che guadagnavamo meno degli altri, poi andavamo a guadagnare di più con i premi. Questa era una caratteristica della Juve: per guadagnare dovevi vincere».

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Qual è il dirigente della Juventus che ne ha più incarnato lo spirito?

«Sicuramente Boniperti. Era un presidente che quando qualcosa non andava, e lui lo vedeva, ti chiamava, si metteva al tavolo con te, ti parlava, si incavolava, rideva... Era un personaggio che conosceva tutto di noi, perché era stato un grande calciatore e aveva vissuto quello che vivevamo noi. Conosceva lo spogliatoio, conosceva la squadra e conosceva i momenti della squadra, soprattutto. Ricordo che una volta avevamo perso una partita importante, che ci aveva fatto perdere non ricordo se il campionato o la Coppa, lui venne e ci disse “Doveva andare così. Non c’era alcuna possibilità di fare meglio”. E lo accettò con grande sportività, anche se lui non era molto sportivo nell’accettare le sconfitte... (ride, ndr) Si incavolava sempre, era un personaggio... diverso. Adatto al mondo che c’era una volta. Un mondo che comunque in certe dinamiche era abbastanza simile, anche se per altre è totalmente diverso: ora è tutto spettacolo, ci sono fondi di investimento ed la televisione è molto più importante. Non so se quel calcio fosse migliore o peggiore (migliore per gli ingaggi di certo), ma di sicuro era diverso».

Cosa non deve fare mai un giocatore, un allenatore, un dirigente della Juventus?

«Adesso si può fare tutto... Prima quando parlavi con un dirigente c’era sempre il massimo rispetto. Ora manca un po’».

I tifosi della Juventus sono più difficili di altri in termini di aspettative e di severità di giudizio?

«I tifosi con la Juventus pretendono sempre tanto. Erano difficili da accontentare ai miei tempi e lo sono adesso: non sono cambiati. È cambiato il rapporto, una volta era molto più vicino e diretto».

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Cosa significa avere la famiglia Agnelli alle spalle?

«Ai miei tempi l’Avvocato era molto vicino a noi e c’era un grande rispetto nei suoi confronti. Era una persona che ti stava vicino, che ti chiamava al mattino - anche se presto, purtroppo - per sapere com’era andata, per sapere se c’era qualcosa che serviva. Per me è stato un personaggio importante, è stato quello che mi ha chiamato prima della mia conferenza stampa di presentazione con l’Inter dicendomi “Per me ci sarà sempre”. Vuol dire che uno ha lasciato un bel segno. Sapevamo chi era e come era, ma non ci metteva mai in soggezione, anzi, faceva sentire tutti a proprio agio. Sia lui che Boniperti. A lui piaceva scherzare e quando era il periodo di firmare i contratti ci diceva sempre “Fatelo soffrire”, riferendosi a Boniperti. Tanto sapeva che poi la vinceva lui...».

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Della stagione finita da poco che idea si è fatto?

«È stata una stagione strana e difficile per tutti. Per i giocatori, per l’allenatore, per la società... Purtroppo quando si commettono degli errori si deve pagarli. Credo che la Juventus abbia commesso degli errori e credo che si debba essere logici e non arroganti. Ecco una cosa che non avevano mai né l’Avvocato né Boniperti, l’arroganza».

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Allegri è l’uomo giusto per ripartire?

«Tutti gli uomini sono giusti, basta avere i giocatori giusti. Non ho mai visto vincere l’Avellino anche con un grande allenatore. Vedremo come andrà il mercato. E credo che Allegri avrebbe dovuto avere un “compagno” vicino, nel senso di un tipo alla Marotta, un dirigente che lo accompagnasse. Invece si è ritrovato da solo a gestire una situazione abbastanza difficile».

Giuntoli potrebbe essere la persona adatta?

«Sì, Giuntoli potrebbe essere l’uomo giusto. Perché a volte per l’allenatore c’è bisogno di avere un colloquio sano con qualcuno che ti stia vicino». 

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