L’autogol scoperchia l’imbarazzo dell’Inter
In “Inter. Due stelle sul cuore” il film che celebra il 20° scudetto nerazzurro, non c’è traccia né menzione di Steven Zhang. Impossibile pensare a una dimenticanza, trattandosi del proprietario e presidente del club nella stagione chiusa in gloria con lo scudetto, difficile credere che - nonostante questi fosse confinato in Cina - non ci sia stato modo per regalargli qualche minuto, o almeno un cameo, nell’autocelebrazione nerazzurra. Nanchino non è su Marte (e i costi per raggiungerla accessibili) e Zhang - hanno narrato per mesi i suoi accoliti - più volte al giorno era in contatto con i dirigenti di stanza a Milano.
Le vittorie di Zhang
Dell’inglorioso epilogo dell’era Suning si è scritto e detto tutto però l’autogol resta fragoroso ed evidenzia un certo imbarazzo nel trattare la questione. Anche perché - a differenza di Yonghong-Li - Zhang non è stato certo una meteora sul pianeta nerazzurro, considerando che nell’era Suning l’Inter è tornata a vincere (non accadeva dai tempi morattiani) rimpolpando il palmares con 2 scudetti, 2 Coppe Italia e 3 Supercoppe di Lega, a cui vanno aggiunte le finali di Champions ed Europa League perse con Manchester City e Siviglia. Sette trofei hanno fatto da corollario al drammatico finale della storia, con Oaktree che ha sfilato il club al socio insolvente. Meglio ammainare (senza picchetto d’onore) la bandiera cinese, anche se Zhang - nonostante tutte le controversie, pure legali, legate alla situazione di Suning - meritava un pizzico di riconoscenza. Invece è finito sotto il tappeto, come la cenere, mentre tutti brindavano a uno scudetto anche suo.