Gli interrogatori finiti nel silenzio
Ieri mattina con la visita al carcere di Opera del gip Domenico Santoro, si è chiuso il primo giro di interrogatori dei 19 ultras di Inter e Milan per i quali lunedì era scattata la custodia cautelare (per 16 l'arresto in carcere, per gli altri 3 i domiciliari) nell'ambito dell'inchiesta "Doppia Curva". Il gip doveva ancora parlare con sei persone. Cinque, così come accaduto già mercoledì e giovedì con i precedenti ultras - fra cui Marco Ferdico, Andrea Beretta (accusato anche dell'omicidio di Antonio Bellocco) e i fratelli Lucci -, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mentre un sesto ha ammesso gli addebiti che riguardano una presunta intestazione fittizia con l'aggravante di agevolazione mafiosa. Santoro in carcere non ha dunque ricevuto risposte da Gianfranco Ferdico (padre di Marco, uno dei leader della Curva Nord), Renato Bosetti e Giuseppe Caminiti (come Bellocco legato alla 'Ndrangheta e accusato anche dell'omicidio del 1992 di Fausto Borgioli, uomo della banda di Francis Turatello).
Stessa linea per due dei tre fermati ai domiciliari che si sono presentati al Palazzo di Giustizia. L'unico che ha parlato è stato Cristian Ferrario, ultras nerazzurro, ritenuto prestanome del leader Andrea Beretta e dello stesso Antonio Bellocco. Ferrario, come si legge nel capo di imputazione, come «prestanome di Beretta e Bellocco» incassava 40.000 euro «con causale fittizia: restituzione per cucina» al posto dei due capi ultras «che attraverso tale fittizia attribuzione eludevano le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale» a cui erano sottoposti come compenso di una «protezione mafiosa da loro fornita» a un conoscente «che aveva effettuato investimenti in Sardegna, osteggiati attraverso atti vandalici». A Ferrario, difeso dall'avvocato Mirko Perlino, oltre al trasferimento fraudolento di valori, è stata contestata l'aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa dei Bellocco. A proposito dell'omicidio di Bellocco - il 4 settembre a Cernusco sul Naviglio ad opera di Beretta -, nelle intercettazioni della Squadra Mobile e della Guardia di Finanza di Milano poche ore dopo l’omicidio, emergono le intenzioni di vendetta del clan calabrese: «Devi combinare una strage». Agli interrogatori di ieri era presente anche il pm Paolo Storari che, suo malgrado, potrebbe avere la scorta come chiesto alla Prefettura dal Procuratore di Milano Marcello Viola.
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