In un’epoca macchiata da due conflitti che, giorno dopo giorno, continuano a mietere centinaia di vittime, ci piacerebbe poter intendere il calcio - e più in generale lo sport - come un luogo sicuro e al riparo da tutto. Un universo parallelo, del tutto avulso dalle dinamiche che caratterizzano la nostra contemporaneità. Invece, apriamo gli occhi per fare i conti con una realtà in cui una semplice partita di pallone - in questo caso la sfida di ieri sera di Nations League tra Italia e Israele - rischiava di diventare il pretesto per scontri, violenze e disordini.
Udine chiusa a riccio
La città di Udine, che non ospitava una gara della Nazionale maggiore da oltre cinque anni, ha agito di conseguenza chiudendosi letteralmente a riccio. Dai controlli serrati da parte degli agenti in divisa alla stazione, ai posti di blocco sparpagliati per la città. E poi ancora elicotteri, droni, barriere mobili nelle strade (per evitare che le macchine potessero lanciarsi sulla folla diretta verso lo stadio), interi viali con divieto di sosta e transito, artificieri, unità cinofile e di antisabotaggio impegnate già dalle prime ore di ieri nelle operazioni di bonifica. Per non parlare degli alberghi in cui hanno soggiornato le due nazionali, trasformati in vere e proprie fortezze presidiate costantemente dalle forze dell’ordine. Un clima surreale, con oltre un migliaio di agenti di polizia impegnati nei pressi del Blue Energy Stadium (presenti diversi cecchini sul tetto dell’impianto), e nei quartieri del centro, dove si è tenuto in tutta sicurezza e senza criticità il corteo pacifico pro-Palestina.