L'Italia, Spalletti e Zaccagni
Andando per esclusione, dunque, quel che resta nella previsione della sfida tra Italia e Svizzera riguarda solo calcio giocato e calciatori giocanti. Ripetizione voluta. Sottolineatura necessaria come un evidenziatore su un testo che altrimenti sarebbe scritto sulla sabbia, via alla prima ondata sul bagnasciuga. Sul cammino europeo, Spalletti ha imbarcato bagagli di ogni tipo. Affascinanti quando ha convocato i grandi numeri 10 a Coverciano. Superlui quando ha raccomandato di non giocare alla Playstation e addormentarsi presto. Esagerati quando alla vigilia dell’Albania ha paragonato i giocatori a eroi e giganti. Discutibili quando ha motivato con la mancanza di brillantezza quella batosta con la Spagna che è sembrata soprattutto tecnica e tattica. E ultimo (speriamo anche penultimo, terzultimo…) bagaglio di spiegazioni, la caccia alla talpa che ha contaminato la splendida prodezza di Zaccagni per il gol qualificazione. Sì, perché senza il fantastico e mozzafiato tiro a giro del laziale, ieri tutti i bagagli di Spalletti e della carovana azzurra sarebbero stati imbarcati sul primo aereo con destinazione casa. Invece andiamo a Berlino. A giocare con prudenza, espressione che non deve essere un’offesa per nessuno, neppure per chi autografa il proprio calcio come “dominante”.
Svizzera, il trio di Motta e...
La prudenza è obbligatoria. Anzi, consigliata, perché la Svizzera ha buoni calciatori. Un campione che si chiama Xhaka. Un paio ottimi e conosciuti, cioè Sommer e Akanji. Altri mestieranti tipo Embolo. E poi c’è quel trio del Bologna, in ordine alfabetico Aebischer, Freuler e Ndoye, che dimostra sì l’ottimo lavoro di Thiago Motta ma pure, con tutto il rispetto per il neo allenatore della Juventus, l’intuito di chi li ha scelti: il direttore sportivo Sartori. Nel complesso, perdonate la puntina maliziosa, una squadra che ha avvalorato sul campo le scelte del proprio ct. E non come l’Italia che si interroga su Zaccagni titolare, in dubbio nonostante il merito acquisito con l’arcobaleno che ci consente di vedere ancora un po’ di azzurro all’orizzonte. Andiamo a Berlino. A giocare e possibilmente vincere. Anche sen za dominare: che male c’è?