Una settimana fa il presidente Andrea Agnelli era stato chiaro: «Giorgio ha detto che ha un paio di riflessioni da fare, in casa e in società. Ci penseremo dopo la finale di Coppa Italia: per lui c’è un posto nel club da qualche anno, deve solo decidere quando». Giorgio è ovviamente Chiellini, dal 2005 il “volto” della Juventus. Lo dicono le presenze: 558, terzo bianconero di tutti i tempi dietro ad Alex Del Piero e Gigi Buffon. Lo dicono i successi: 19 titoli tra scudetti (9), Coppe Italia (5) e Supercoppe italiane (5). Uno rimasto nel 2006, quando la retrocessione per sentenza di Calciopoli mandò la Juventus in Serie B. In tanti salutarono, Chiellini no. E, con lui, quelli che contribuirono alla successiva rinascita bianconera. Il 14 agosto gli anni saranno 38, inevitabile fare due conti. Tutto sarebbe stato più semplice (e logico) in caso di qualificazione azzurra a Qatar 2022. Ancora un anno con la Juventus, per affrontare con l’Italia l’avventura mondiale. Il patatrac contro la Macedonia del Nord ha sparigliato le carte in tavola, obbligando il capitano a rivedere i suoi piani.
La certezza
La certezza, o quasi, è che non vedremo più Chiellini calciatore in maglia bianconera. In un gioco delle percentuali, allo stato attuale delle cose una molto piccola riguarda questa ipotesi. Se il difensore intende ancora frequentare l’area di un campo, non sarà italiana. Come non sarà neppure quella di un altro torneo europeo di alto livello. Non per mancanza di qualità, ma per via di un fisico inevitabilmente usurato e che necessita di una realtà più “morbida”. Per questo l’ipotesi di una esperienza negli Stati Uniti ha sempre preso più quota nelle prospettive di Chiellini. Per lui, che frequenterebbe un campionato cresciuto di anno in anno come la Nasl, una realtà di buon livello e non totalizzante. Per la famiglia, che avrebbe l’opportunità di conoscere una realtà unica e stimolante come quella statunitense.
Le alternative: un anno all'estero, in campo o sabbatico
Un anno all’estero. Da giocatore oppure no, basta che avvenga lontano dall’Italia, in modo da accrescere un bagaglio di conoscenze che parte da una base già importante, come la laurea specialistica in Business administration conseguita dal difensore nel 2017 alla Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, con il punteggio di 110 e lode e menzione di merito. Una tesi incentrata sulla Juventus come modello di business. E se l’ipotesi di andare via come calciatore vale un 50% di probabilità, l’altro 50% per cento se lo gioca[1]no due alternative, con percentuali alla pari. La prima è sempre quella di una esperienza lontano da casa, ma come amano fare soprattutto gli anglosassoni. Ovvero un anno sabbatico, senza un impegno fisso per puntare a esperienze dirette che possano essere d’aiuto in un futuro ruolo manageriale. Dodici mesi in cui girare, vedere e conoscere, prima di tornare a Torino.
Scrivania subito
Se non sarà anno sabbatico, ecco allora spuntare la possibilità di non lasciare il bianconero per passare direttamente dal campo alla scrivania. Un percorso societario che, come ancora ricordato da Agnelli, parte inevitabilmente dal basso, come era stato per Pavel Nedved. Lo stesso presidente aveva fatto da tutor al suo attuale vice, accompagnato dalla presenza di Beppe Marotta e Fabio Paratici, che avevano spiegato al campione ceco quali fossero le dinamiche all’interno di una società, inevitabilmente differenti da quelle di uno spogliatoio. Per Chiellini l’iter sarà lo stesso, subito oppure poco più in là: una crescita graduale con il trascorrere del tempo, fino ad assumere un ruolo sempre più importante e decisivo. Un tragitto che ricorda quello del Chiellini calciatore, diventato anno dopo un punto di riferimento in maglia bianconera e azzurra. La Coppa Italia preme, la decisione verrà presa (o soltanto comunicata) la settimana prossima, dopo un confronto con quelle che il difensore chiama le sue famiglie: quella di sangue e quella del campo.