La sua è una di quelle storie destinate a far riflettere sui principi e i meccanismi dell’establishment sportivo del nostro Paese. È la storia di un allenatore costretto a emigrare, a cercare fortuna lontano dall’Italia. È la storia di un ragazzo abituato a imparare in fretta, non importa se in campo o nelle aule universitarie. È la storia di Francesco, o meglio, del dottor Farioli che a trentaquattro anni oltre ad essere l’allenatore italiano più giovane d’Europa, sta dominando in Ligue 1 con il suo Nizza, fin qui imbattuto e primo in classifica con ventidue punti. Numeri impressionanti, specie se si considerano gli avversari affrontati fin qui in campionato: tra Psg, Marsiglia, Lille e Monaco, gli uomini di Farioli hanno raccolto dieci punti sui dodici disponibili.
Carcarino racconta Farioli
Un viaggio che parte da lontano, a Barga, piccolo comune in provincia di Lucca. Lì Farioli coltiva la sua passione per il calcio, difendendo per diversi anni la porta del Margine Coperta. Nel 2008 lascia definitivamente l’attività agonistica e si dedica agli studi. Sa bene di non poter diventare un portiere professionista, ma il calcio, in un modo o nell’altro, deve fare parte della sua vita, per forza. Si iscrive alla facoltà di filosofia e si laurea con una tesi sull’estetica del calcio e il ruolo del portiere, il cui testo verrà poi pubblicato anche a Coverciano. Due anni più tardi la prima esperienza su una panchina come viceallenatore della Fortis Juventus in Serie D. Poi una parentesi alla Lucchese e all’Aspire Accademy in Qatar, dove aiuta a formare giovani talenti qatarioti in vista del mondiale giocato quest’anno. Nel 2017 Roberto De Zerbi arriva al Benevento, sta allestendo il suo staff e vuole un preparatore dei portieri che sposi appieno la sua idea di calcio. Tra le mani gli capita un articolo scritto da Farioli qualche anno prima sul Foggia, quando sulla panchina dei pugliesi c’era ancora lui, e ne rimane stregato. Ci sono pochi dubbi, il ragazzo di Barga è il profilo giusto. «Francesco non era un preparatore come gli altri – commenta Massimo Carcarino, ex collaboratore di De Zerbi a Benevento e Sassuolo – è stato scelto per un motivo ben preciso: aveva una concezione moderna del ruolo del portiere. Per lui era a tutti gli effetti un giocatore di movimento integrato nella costruzione del gioco». Non è un caso infatti che Consigli, sotto la sua guida, diventi il miglior pararigori del campionato e il portiere con il numero più alto in Europa di passaggi filtranti riusciti. «In ritiro spesso dormivamo nella stessa stanza. Ricordo bene la notte prima di Juventus-Sassuolo del 2019, quella dell’esordio di Turati. Era stata intensa, soprattutto per Francesco: i nostri portieri erano infortunati, toccava al ragazzino di diciotto anni andare in campo. Francesco lo aveva preparato per sette mesi e adesso si trovava ad affrontare Ronaldo, Higuain e Dybala. Non proprio una roba da tutti i giorni».