Bisogna tornare alla DfbPokal del 1993 per trovare l’ultimo trofeo vinto dal Bayer Leverkusen, che si è aggiunto in bacheca alla Coppa Uefa di 5 anni prima.
Dall’ultimo successo sono trascorsi 3 decenni, nei quali la società dell’omonima azienda farmaceutica ha sfiorato vittorie epiche, come la Champions League del 2002 volata via con la girata di Zidane che ha dato il titolo al Real Madrid, ma anche clamorosi scivoloni costati campionati già quasi vinti, vedasi la sconfitta a Unterhaching nell’ultima giornata del 2000, ma anche la rimonta subita dal Dortmund due anni dopo. Flop che sono valsi soprannomi come Neverkusen (‘Never’, mai), Vizekusen (‘Vize’, secondo) che emergono ogni qualvolta la squadra vada ad un passo da un successo, senza ottenerlo, oppure abbia improvvisi momenti di down quando le cose sembrano andare per il meglio.
Aria nuova a Leverkusen
Certo, quando si adotta una politica improntata sui giovani, operando su mercati di secondo piano, avere dei cali ci sta. Specie in una piazza relativamente piccola, 160mila abitanti. Di un club che non è nemmeno tra le prime 10 della nazione per numero di soci. Senza pressioni, anche se da oltre 40 anni si propone come una delle principali realtà. Insomma, all’ambizione c’è spesso stato un freno. Quest’anno però a Leverkusen c’è un’aria nuova. In estate la società ha rivoluzionato radicalmente modo di operare sul mercato: ha speso guardando sopratutto al presente, non solo alle possibili plusvalenze per tenere sani i conti. Mancava quel qualcosa in termini di esperienza. Così la società ha deciso di alzare il tetto stipendi, investendo sull’esperienza internazionale di Granit Xhaka, su giocatori formati di alto profilo come Grimaldo a sinistra dal Benfica e Hofmann dal Gladbach per dar supporto all’attacco.