Schillaci, non solo calcio: fenomeno culturale fra tv, cinema e pizza

Pochi come Totò sono entrati nell’immaginario collettivo dell’Italia nazionalpopolare. E comunque aveva talento anche fuori dal campo

L’ultima apparizione televisiva di Totò Schillaci, insieme con la moglie Barbara Lombardo, è stata l’anno scorso a Pechino Express attraversando India, Malesia e Cambogia. Ed è lì che l’ex campione di Juventus e Nazionale parlò della malattia, del cancro al colon che pensava di avere sconfitto. Ne uscì fuori un’immagine inedita di Totò, sempre combattivo, sempre con quegli occhi aperti sul mondo, come a voler catturare più vita possibile, quella vita che adesso non c’è più. Insieme a questo l’amore per la moglie, un’umanità e una generosità uniche, anche nei momenti più duri e stressanti del gioco; sfruttando con simpatia la popolarità internazionale. Come soleva dire Nereo Rocco "in campo come nella vita", perché il campo non mente, non mente mai. Una citazione che ci riporta a una delle apparizioni cinematografiche, nel film “Amore, bugie e calcetto”, nel quale interpreta sé stesso, allenato da Gigi Maifredi negli Old Boys, nella finale contro la squadra dei protagonisti, era il 2008.

Schillaci, il terrone di "Tre uomini e una gamba"

Ogni sportivo, ogni calciatore, passa alla storia per quello che ha fatto nella propria disciplina, poi ci sono alcuni che restano appiccicati alla pelle, ai ricordi, alle generazioni, grazie alla cultura popolare, dove Schillaci ha trovato spazio più e più volte: in questo senso possiamo definirlo un giocatore generazionale. In “Tre uomini e una gamba” - cult movie della comicità italiana - è citato nello sketch in cui Aldo interpreta il conte Dracula, mentre Giacomo e Giovanni si cimentano nella caricatura di due protoleghisti i quali, rovistando tra gli oggetti personali del vampiro, scoprono una dedica: "A Dracula, con affetto, Totò Schillaci", "Ma chi è sto Schillaci", chiede Giacomo, "Schillaci l’è il gran visir de tucc i terun!", esclama Giovanni. E se Pietro Anastasi negli anni Settanta rappresentava il riscatto dei meridionali emigrati al Nord, Totò Schillaci ha dovuto subire il riflusso di certo razzismo, sdoganato perché da stadio, per questo ancora più triste e infelice, anche se in quella scena c’erano soltanto ironia e affetto.

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Schillaci e la televisione

Quasi dimenticato, dopo un’appendice finale in Giappone, lui che ha consumato senso del gol e carriera nel giro di pochissime stagioni, negli anni Duemila torna a far parlare di sé nell’edizione 2004 dell’“Isola dei Famosi”, condotta da Simona Ventura, una presenza per niente banale che termina con il terzo posto, lo stesso della Nazionale a Italia ’90. Tra il 2011 e il 2012 partecipa a due serie televisive, “Squadra antimafia - Palermo oggi” e “Benvenuti a tavola - Nord vs Sud”, dove nel quinto episodio della prima interpreta un boss mafioso e nella seconda recita nella parte di se stesso all’interno del secondo episodio della prima stagione. Proprio lui che, dal 1990 in poi, ha visto entrare in tutti i menù una pizza col proprio nome. Nel 2021, in “Back to School”, torna sui banchi di scuola per sostenere l’esame di quinta elementare, infine, come ricordato “Pechino Express”, dove, ancora una volta si ferma prima della finale; sempre umile e fortemente ancorato ai propri valori e alle proprie radici, quelle del quartiere Cep di Palermo.

Schillaci simbolo dell'Italia popolare

Per alcuni ricorda il personaggio di Pierre Bezukhov in “Guerra e Pace”, per altri una figura pasoliniana: un simbolo dell’Italia popolare, quella fatta di fatica, sacrificio e piccole gioie, ma anche di un desiderio mai nascosto di riscatto e dignità; con le sue contraddizioni e fragilità, tutte esposte alla luce del sole. Lui che non è stato cambiato dai soldi e dal successo, rimanendo uguale al ragazzo che giocava per le strade di un quartiere borderline, e che sotto i riflettori non sempre stava a proprio agio, finendoci anche per occasioni meno patinate e più controverse. Rimanendo alla cultura pop, nel 2019 Schillaci ha rappato una strofa della canzone “Gli anni degli anni” dei 78 Bit, canzone intrisa di nostalgia per i Novanta: "Erano gli anni quelli che, quelli che parlano di me, perché raccontano la storia di un sognatore che si divertiva a tirare calci a un pallone". Anche se la sua canzone è stata e resterà per sempre “Un’estate italiana”, scritta da Giorgio Moroder e cantata da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato: "Forse non sarà una canzone / A cambiare le regole del gioco / Ma voglio viverla così quest’avventura / Senza frontiere e con il cuore in gola / E il mondo in una giostra di colori / E il vento accarezza le bandiere / Arriva un brivido e ti trascina via…".

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L’ultima apparizione televisiva di Totò Schillaci, insieme con la moglie Barbara Lombardo, è stata l’anno scorso a Pechino Express attraversando India, Malesia e Cambogia. Ed è lì che l’ex campione di Juventus e Nazionale parlò della malattia, del cancro al colon che pensava di avere sconfitto. Ne uscì fuori un’immagine inedita di Totò, sempre combattivo, sempre con quegli occhi aperti sul mondo, come a voler catturare più vita possibile, quella vita che adesso non c’è più. Insieme a questo l’amore per la moglie, un’umanità e una generosità uniche, anche nei momenti più duri e stressanti del gioco; sfruttando con simpatia la popolarità internazionale. Come soleva dire Nereo Rocco "in campo come nella vita", perché il campo non mente, non mente mai. Una citazione che ci riporta a una delle apparizioni cinematografiche, nel film “Amore, bugie e calcetto”, nel quale interpreta sé stesso, allenato da Gigi Maifredi negli Old Boys, nella finale contro la squadra dei protagonisti, era il 2008.

Schillaci, il terrone di "Tre uomini e una gamba"

Ogni sportivo, ogni calciatore, passa alla storia per quello che ha fatto nella propria disciplina, poi ci sono alcuni che restano appiccicati alla pelle, ai ricordi, alle generazioni, grazie alla cultura popolare, dove Schillaci ha trovato spazio più e più volte: in questo senso possiamo definirlo un giocatore generazionale. In “Tre uomini e una gamba” - cult movie della comicità italiana - è citato nello sketch in cui Aldo interpreta il conte Dracula, mentre Giacomo e Giovanni si cimentano nella caricatura di due protoleghisti i quali, rovistando tra gli oggetti personali del vampiro, scoprono una dedica: "A Dracula, con affetto, Totò Schillaci", "Ma chi è sto Schillaci", chiede Giacomo, "Schillaci l’è il gran visir de tucc i terun!", esclama Giovanni. E se Pietro Anastasi negli anni Settanta rappresentava il riscatto dei meridionali emigrati al Nord, Totò Schillaci ha dovuto subire il riflusso di certo razzismo, sdoganato perché da stadio, per questo ancora più triste e infelice, anche se in quella scena c’erano soltanto ironia e affetto.

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