Charlton, la tragedia di Monaco
Arrivato dunque allo United per caso, Charlton ne divenne poco alla volta il simbolo, specialmente nel dolore seguito alla tragedia di Monaco, a cui sopravvisse: sbalzato, ancora allacciato al seggiolino, a 40 metri dalle lamiere dell’aereo, rimase in ospedale una settimana prima di essere rimpatriato e riprendere poco alla volta. Quell’episodio, comprensibilmente, lo segnò per tutta la vita, una miscela di puro dolore e di quel senso di colpa irrazionale che a volte prende i sopravvissuti ad una tragedia. Taciturno lo era sempre stato, specialmente rispetto al fratello Jack e alla madre, ma quel dramma lo rese introverso al limite della timidezza, spesso scambiata per altezzosità, percezione che si scioglieva non appena gli si rivolgeva la parola e quell’Inglesità cortese riaffiorava.
Attaccante atipico e la United Trinity
Sempre col numero 9 sulla schiena, fu però un attaccante atipico, seconda punta o centrocampista offensivo con un tiro potentissimo, doti sublimate da Matt Busby nello United e da Alf Ramsey in quella Nazionale campione del mondo con un modulo inedito, Bobby dietro alle due punte Roger Hunt e Geoff Hurst (unico della rosa 1966 ancora in vita, ora). Wembley, dove vinse anche la Coppa dei Campioni 1968, rappresentava curiosamente un simbolico ritorno a casa: alcune delle prime partitelle con i bambini del vicinato le aveva giocate in un prato chiamato Wembley Fields, lì dove, dopo la vittoria mondiale e un cambio di destinazione, comprò poi casa a madre e padre. Lo United campione d’Europa 1968 rappresentò l’inizio della parte finale della sua carriera, perché di quella squadra era ormai vero protagonista George Best, che aveva nove anni di meno, troppo più charme e troppi più capelli per l’epoca storica che stava nascendo. Restano i ricordi, la classe, la dignità, salvata dalla sparizione dalla vita pubblica dopo la diagnosi di demenza senile del 2020, e per i numerosi visitatori di Old Trafford la statua che lo ritrae abbracciato a Best e Denis Law, a sua volta colpito due anni fa da una malattia degenerativa: è la United Trinity, la Santissima Trinità dello United, e pazienza se nei primi Anni 70 i rapporti tra i tre furono molto poco cordiali. Accadde anche, da un certo punto in poi, con Jack e con la madre, con cui ruppe i rapporti nel 1992 per non riallacciarli più, nemmeno alla sua morte, avvenuta nel 1996.