Comanda, combatte, capitola: Sinner cede al fattore C

L'azzurro dopo quattro ore di battaglia perde contro Alcaraz e non trova la finale del Roland Garros: un errore banale ha rilanciato lo spagnolo

PARIGI - Le sconfitte fanno tutte male, ma non tutte allo stesso modo. Ve ne sono di strazianti e di sconvolgenti, altre che rattristano in modo quasi incomprensibile, perché toccano nervi scoperti e sicurezze profonde che d’improvviso si scoprono meno solide di quanto non si pensasse, e provocano un dolore sordo e lancinante come un mal di denti. Battuto per la seconda volta da Alcaraz in questa stagione, nella quale vince con chiunque spesso a mani basse, Sinner se ne va dal campo al riparo di una maschera di pietra, o forse, chissà, letteralmente pietrificato dal fatto di essere stato lui a offrire all’amico rivale l’occasione per sopravanzarlo, quando meno se lo aspettava.

Sinner, l'errore banale

Un errore clamoroso quanto banale, sul 4 pari del quarto set, sul più facile degli smash. Era avanti 30-15, e sarebbe andato a un passo dal 5-4 in suo favore, lasciando lo spagnolo in acque torbide, quelle che prendono forma dopo una mareggiata e non permettono di vedere nemmeno il fondo. Un auto-da-fè in piena regola, un raro esempio di harakiri in una fase del match che appariva, dopo tanto aspro combattere, tra le più innocue. Un errore che ha ritemprato Alcaraz, fornendogli speranze che aveva disperso nel terzo set, nel quale Sinner era riemerso dai torpori del secondo. E ha sospinto lo spagnolo verso un break e un poderoso scatto in avanti (fino al 3-0 del quinto), che ha trovato le definitive certezze nel volto addolorato del nuovo numero uno e di fatto ha cambiato il match. Una sconfitta che nasce da troppi fattori fra loro in contraddizione, casuali alcuni ma non tutti, tale però da meritare un’accurata rivisitazione da Sinner e dal suo team. Un match da non dimenticare, che sarebbe un errore riporre subito in un cassetto, non prima comunque di averne studiato i risvolti, anche quelli all’apparenza insignificanti.

Sinner, numero uno non in discussione

Non è in discussione il numero uno, che allunga le proprie radici in uno strato di humus ben più ampio e profondo. Sinner vi è giunto con merito e nessuno lo mette in discussione, lunedì otterrà l’ufficializzazione attesa, e comincerà - come detto e scritto non so quante volte - una nuova Era del nostro sport. È in discussione soltanto una sconfitta, per quanto bruciante, tanto più in questi giorni, che vedono il tennis di casa nostra in finale ovunque, tranne nel tabellone presidiato da Sinner. Un insuccesso che provoca d’acchito una domanda, che certo Sinner non aveva intenzione di porsi così presto. Perché il nuovo capolista, in quest’anno di grazia, continua a smarrirsi solo contro Alcaraz, con il quale veniva da due limpidi successi ottenuti nel 2023?

Alcaraz-Sinner, differenze minime

Carlitos ha giocato solo un po’ meglio di Sinner nel complesso di una semifinale durata quattro ore e nove minuti. Le differenze sono state minime, due set per parte, in ognuno dei quali la preminenza dell’uno sull’altro è risultata evidente, e un quinto set nel quale Alcaraz si è avviato meglio di Sinner (subito 3-0) sulla spinta degli accadimenti che hanno deciso il quarto. Inarrivabile Sinner nel primo, un po’ inaspettato il ritorno di Alcaraz in avvio del secondo. Che cosa abbia imposto la frenata a Jannik è altra materia di discussione. Di certo Carlos quando rialza la testa e propone il proprio tennis, sa essere più brillante di Sinner e mostra di possedere più soluzioni nel proprio arsenale tecnico. Ma basta questo per porre in ansia Sinner? Non penso davvero, né ritengo possa trattarsi di carisma, che ancora non mi viene facile attribuire allo spagnolo. Certo lo troverà, ma l’insieme che veicola oggi è più quello di un grande talento ancora ruspante, da perfezionare e portare a maturazione con il tempo. In realtà penso che Sinner occorra di tempi più lunghi per fronteggiare le altrui variazioni, e Alcaraz dall’inizio del secondo le ha esplorate in quantità. Sinner impone il proprio schema, ed è micidiale se glielo lasciano fare.

Soffre nel trovare i giusti antidoti quando cambia lo scenario. Eppure nel terzo si è ripreso bene, strappando di nuovo il comando del gioco dalla racchetta di Alcaraz, mentre nel quarto set qualche problema con i crampi (al braccio sinistro) e la fatica di un match che si stava allungando («l’anca che ho curato è ancora più fragile dell’altra, e dopo un po’ lo avverto»), hanno fatto da trampolino al ritorno di Alcaraz, che ha trovato sfogo sull’errore di Sinner nel facile smash sul 4 pari.

Sinner e Alcaraz, le parole dopo il match

«Sono rimasto deluso da come è finita, ma non posso davvero dire che sia stato un match come tutti gli altri» dice Sinner, «Credo che sia stato un match intenso, anche bello, importante». Ne è convinto (anzi, più che convinto) anche Alcaraz, per la prima volta finalista al Roland Garros. Coach Ferrero lo ha condotto per mano: «servigli al corpo», suggeriva, «tieni alto il rimbalzo», «ora fallo correre»… Dice anche, Carlitos, di essere sempre più convinto che la rivalità con Sinner si porrà al centro del tennis. «Nella mia carriera le partite in cui ho sofferto di più sono state con lui. La ragione mi sembra chiara: è un campione vero». Jannik cerca buoni motivi per tirarsi su. «È giusto che guardi anche gli aspetti positivi - dice -. Sono sceso in campo, in primo turno, dopo 15 giorni di cure e cinque appena di preparazione al torneo. E non pensavo, lo dico con sincerità, di poter giungere alle semifinali». Non parla del n. 1, invece, come se ancora non gli appartenesse. Ma forse lunedì darà lui una sbirciatina alla classifica. E si consolerà un po’. 

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