Pagina 1 | Halep condannata dal Tas, perché spaventa Sinner: "Non puoi non controllare"

Il Tribunale Arbitrale dello Sport ha reso note le motivazioni della sentenza emessa nel marzo scorso, con la quale è stata comminata la squalifica di nove mesi alla tennista Simona Halep, risultata positiva al test antidoping nell'agosto 2022. La pena ha subito una riduzione rispetto ai quattro anni di stop decisi nel settembre 2023 dal tribunale indipendente voluto dall'International Tennis Integrity Association (Itia), e che avrebbero rischiato di porre fine alla carriera della giocatrice classe 1991. La vicenda accende un ulteriore faro sul caso doping che ha travolto il campione azzurro Jannik Sinner, con la Wada che ha inaspettatamente deciso di ricorrere al Tas di Losanna per richiederne la sospensione per un periodo compreso fra uno e due anni

Il caso Halep

Dopo era stata trovata positiva a una sostanza proibita, nello specifico il Roxadustat, e condannata a quattro anni di squalifica, la vincitrice di Roland Garros 2018 e Wimbledon nel 2019 aveva poi fatto ricorso contro la decisione del tribunale, ottenendo dai giudici del Tas il riconoscimento dell'assunzione accidentale dell'antianemico, che sarebbe stato a sua volta ingerito mediante un integratore alimentare. Nelle motivazioni pubblicate il 16 ottobre infatti, si legge a proposito di un "incauto utilizzo di un integratore contaminato" che l'ex numero 1 Wta ha assunto su suggerimento della propria fisioterapista. I giudici si chiedono "come mai in un ambiente di così elevata professionalità questioni legate a possibili problemi con l'antidoping siano affidate a persone che non abbiano esperienza in questo settore. L'atleta avrebbe dovuto capire i limiti delle qualifiche della sua fisioterapista e il fatto che si stesse giocando un torneo negli Stati Uniti, in un continente lontano dal suo, non può giustificare la mancata consultazione di uno specialista e l'affidamento di un compito così delicato a una persona senza le necessarie competenze mediche".

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Sinner-Halep: gli elementi in comune

Tanti gli elementi in comune con il caso che ha colpito Sinner - che dopo avere trionfato a Shanghai è tornato in campo a Riyad battendo Medvedev al Six King Slam - in attesa di conoscere la decisione dei giudici di Losanna. Il numero uno al mondo era stato inizialmente squalificato in seguito alla positività a un miliardesimo di grammo di Clostebol rilevata in occasione del torneo di Indian Wells, per poi essere reintegrato in quanto l'assunzione del metabolita era stata giudicata accidentale. Tuttavia, come accaduto per Halep, la Wada evidenziato la "negligenza" del giocatore nel prevenire il rischio che sostanze dopanti potessero essere introdotte nel prorpio ambiente di lavoro, peraltro con la responsabilità di quei membri dello staff inquadrati contrattualmente dal tennista e pertanto tenuti ad aderire alla linea di prevenzione e contrasto al doping riportata negli stessi contratti di assunzione. Tanto più se si tratta del leader del ranking mondiale, proprio come Halep al suo tempo. Elemento presente nelle stesse motivazioni del Tas: “L’atleta che stiamo giudicando oggi non è una semplice giocatrice di tennis professionista: ha grandissima esperienza, è ai vertici del ranking mondiale da tempo e ha vinto due slam“.

Sinner-Halep: le differenze

Resta però il fatto che Halep ha assunto consapevolmente l'integratore contenente il Roxadustat, mentre Sinner non era a conoscenza di essere stato contaminato dal Clostebol durante le sessioni di massaggio con il fisioterapista Giacomo Naldi, che aveva fatto uso della pomata per curare una ferita alla mano. Naldi - poi licenziato insieme al preparatore Umberto Ferrara - era stato poi ripreso sugli spalti con una evidente fasciatura alla mano. I legali dell'altoatesino dovranno dunque rispondere sul perché il "tennista più forte al mondo" si sia circondato di un personale poi rivelatosi inadeguato al ruolo - stando a quanto ritenuto dalla Wada - così come Halep ha accolto il suggerimento del proprio fisioterapista che non può però vantare "le necessarie competenze mediche". Lo stesso aspetto della "negligenza" che ha riguardato anche Paul Pogba, il cui caso ha conosciuto ulteriori sviluppi con la riduzione della pena decisa dal Cas.

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Il Tribunale Arbitrale dello Sport ha reso note le motivazioni della sentenza emessa nel marzo scorso, con la quale è stata comminata la squalifica di nove mesi alla tennista Simona Halep, risultata positiva al test antidoping nell'agosto 2022. La pena ha subito una riduzione rispetto ai quattro anni di stop decisi nel settembre 2023 dal tribunale indipendente voluto dall'International Tennis Integrity Association (Itia), e che avrebbero rischiato di porre fine alla carriera della giocatrice classe 1991. La vicenda accende un ulteriore faro sul caso doping che ha travolto il campione azzurro Jannik Sinner, con la Wada che ha inaspettatamente deciso di ricorrere al Tas di Losanna per richiederne la sospensione per un periodo compreso fra uno e due anni

Il caso Halep

Dopo era stata trovata positiva a una sostanza proibita, nello specifico il Roxadustat, e condannata a quattro anni di squalifica, la vincitrice di Roland Garros 2018 e Wimbledon nel 2019 aveva poi fatto ricorso contro la decisione del tribunale, ottenendo dai giudici del Tas il riconoscimento dell'assunzione accidentale dell'antianemico, che sarebbe stato a sua volta ingerito mediante un integratore alimentare. Nelle motivazioni pubblicate il 16 ottobre infatti, si legge a proposito di un "incauto utilizzo di un integratore contaminato" che l'ex numero 1 Wta ha assunto su suggerimento della propria fisioterapista. I giudici si chiedono "come mai in un ambiente di così elevata professionalità questioni legate a possibili problemi con l'antidoping siano affidate a persone che non abbiano esperienza in questo settore. L'atleta avrebbe dovuto capire i limiti delle qualifiche della sua fisioterapista e il fatto che si stesse giocando un torneo negli Stati Uniti, in un continente lontano dal suo, non può giustificare la mancata consultazione di uno specialista e l'affidamento di un compito così delicato a una persona senza le necessarie competenze mediche".

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