Sinner, il numero 1 diventa il regalo di fine anno

Il campione azzurro chiuderà la stagione da primo nel ranking grazie alla sconfitta di Alcaraz a Shanghai: "Era il mio sogno da bambino"
Sinner, il numero 1 diventa il regalo di fine anno© Getty Images

Nell’anno dei SinAl, che ha diviso il Grand Slam in due ed elevato la sfida in corso fra Sinner e Alcaraz a perno dell’intera stagione, nuova struttura portante di uno sport che forse non sperava di trovare così presto i due poli opposti sui quali costruire il futuro, non è facile scovare altre storie parallele in grado di offrire spunti diversi e altrettanto memorabili, che possano affiancarsi a quella dei nuovi Fedal per dare completezza alla rappresentazione. L’unica è tirare in ballo Djokovic per dare forma completa alla parte mancante del quadro d’assieme, il serbo che nel ruolo di “ex” ci sforma assai, ma che si è inserito come pietra angolare negli sviluppi della storia di questo 2024 ormai agli sgoccioli, finendo per risultare indispensabile a una serie di episodi che ne hanno tracciato la trama. Vuoi per la zampata inaspettata che ha cambiato il destino della finale olimpica, con la quale ha ammaccato la corazza che proteggeva le certezze di Alcaraz. Vuoi per l’aiuto fornito in modo del tutto casuale a Sinner nel completare la rincorsa al numero uno.

La scalata di Sinner

Fu proprio grazie al forfait di Djokovic nei quarti di Parigi, causa menisco, che Jannik poté giocare il proprio quarto di finale contro Dimitrov già certo di aver agganciato il podio più alto del tennis, e devitalizzare in tal modo gli effetti negativi della successiva sconfitta al quinto contro Alcaraz, in semifinale. Elementi di una stagione che si ricompongono in logica sequenza nel giorno in cui Sinner ottiene con un match di rara solidità e opportunismo, opposto a Tomas Machac, ceco di Beroun, boemo come Lendl, la nomina certificata a numero uno di fine anno, il diciannovesimo della serie sui 29 capoclasse del tennis Open. Una rendita di posizione che lo accompagnerà dritto ai prossimi Australian Open (il 12 gennaio), dove potrà festeggiare la trentesima candelina settimanale del suo primato. «Era il mio sogno da bambino», dice Sinner, lieto di condividere la nomina con un parterre di campioni di origine controllata, da Djokovic (otto volte) a Sampras (6), da Federer, Nadal e Connors (5) a Lendl e McEnroe (4), da Borg, Edberg e Hewitt (2) agli otto che al momento appaiano Sinner con una sola conquista.

Tutto alla vigilia della finale di Shanghai, che a sua volta darà un senso compiuto alla sfida diretta con lo stesso Djokovic, che a inizio anno sembrava l’unica davvero centrale e torna d’attualità nove mesi dopo il loro ultimo rendez-vous a Melbourne. Fu una vittoria grande per Sinner, perché dava continuità ai successi di Torino (nel round robin delle Finals, ma non nel match titolo in palio) e di Malaga, dove Jannik cancellò tre match point in Davis al Djoker. E anche perché giunse dopo 2.195 giorni (fanno sei anni, se vi va di contarli) nei quali il numero uno di allora non aveva mai perso in una semifinale dello Slam. Monumentale il divario nei primi due set, giocati a velocità doppia da Jannik, ornati da discese a rete e schiaffi al volo di precisione estrema, inzuccherati da pochi drop shot sempre ben confezionati. Non era ancora una proposta di ricambio al vertice, e nemmeno un’Opa sbattuta in faccia a chi non aveva intenzione di mollare le redini, ma è certo che da quel giorno il tennis si dispose in attesa di un nuovo numero uno, e che la candidatura di Jannik Sinner era divenuta la proposta più forte. Oggi i due appaiono lontani.

Il confronto con Djokovic

La classifica li pone a 5.360 punti di distanza, che potrebbero diventare 5.710. Ne ha 11.570 Sinner, sempre più primo. Ne conserva 6.210 Djokovic, che spera nella seconda “zampata” della sua stagione, dopo quella mollata all’Alcaraz olimpico. Una vittoria del serbo lo isserebbe a 6.560 punti, quarto in classifica. Quella di Sinner lo lancerebbe a un passo dai 12 mila punti (11.920), là dove non è mai giunto. Avanti Djokovic 4-3 nei testa a testa, i due giungono all’ottavo confronto attraverso vie quasi opposte. Nole ha disposto di un tabellone più simile a un ATP250 che a un Masters. Malgrado ciò ha rischiato contro Michelsen (due tie break), ha disposto di un emozionatissimo Cobolli, se l’è presa comoda con Safiullin, poi ha concesso un set a Mensik, prima di mostrare il meglio di sé nella semifinale contro Fritz, uno talmente ricco di suo da non accorgersi che continuano a mancargli due centesimi per diventare campione vero. Ne avrebbe la facoltà, ma anche ieri ha intruppato contro il gioco difensivo del serbo, e quando ha preso coraggio l’altro aveva ormai messo a fuoco le traiettorie in grado di contenere gli attacchi del futuro proprietario della catena di grandi magazzini Macie’s.

Non è dispiaciuto Djokovic, apparso svelto e ispirato nei passanti come non si vedeva da oltre un anno. Ma è piaciuto di più Sinner (che ha battuto tennisti di qualità come Etcheverry, Shelton e Medvedev), venuto a capo di un Machac che gioca senza tener conto di chi ha di fronte, ma fa male con le sassate di un dritto che spinge oltre i 150 orari. Sinner gli ha riservato molti buoni aggettivi nella conferenza stampa, insieme al solito trattamento che riserva a coloro che troppo osano. Nel secondo set Machac lo ha fermato per mostrargli la racchetta scheggiata, «Colpa tua, tiri troppo forte». In tribuna c'era Federer, divertito dalle gran pallate. Il pubblico l’ha accolto con cori innamorati, gli stessi tributati a Sinner, che a Shanghai piace molto. Machac si è fatto sentire rivolgendosi agli spettatori per avere la sua parte… «E a me niente?». Ma sì, applausi anche a lui che è stato in partita sin dai primi colpi. Ha condotto 2-0 il primo, poi si è fatto riacciuffare e ha offerto il fianco per un nuovo break e il 6-4, mentre nella seconda frazione è bastata un’occasione a Sinner per dichiarare l’all-in, una palla break sul 6-5, servizio Machac, che è costata al ceco il game, il set e il match.

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