Caso Sinner, boomerang Wada: 5,2 milioni dollari all'anno per fare l'antidoping come le pare

Dai 23 nuotatori cinesi trovati positivi prima di Tokyo e scagionati a tempo di record ai finanziamenti a pioggia, compresa la donazione di quasi 2 milioni di dollari che Pechino ha fatto due anni prima dello scandalo Trimetazidina, ai 900 test di atleti positivi scomparsi per un presunto buco informatico

Il caso Sinner, scandaloso esempio di quanto la Wada faccia l'antidoping come le pare, offre l'occasione di addentrarci nei meccanismi di funzionamento dell'agenzia mondiale voluta dal Cio. Essa riceve cospicui finanziamenti anche dai Paesi aderenti all'organizzazione con sede centrale a Montreal, Canada. Il suo motto è Play True, letteralmente Gioca Vero: chiedere referenze a Sara Errani e Alex Schwazer per sapere se pensano sia vero. A firma del giornalista economico-sportivo Andrea Celesti, Il sito specializzato quifinanza.it ha tracciato un'interessante analisi dei contributi economici ricevuti dalla Wada e articolati su due livelli: i versamenti annuali al bilancio ordinario e i contributi aggiuntivi destinati a specifici progetti.

Il comunicato della Wada

Cito testualmente: "Solo dall’Italia, la Wada ha ricevuto 1.116.469,10 euro nel 2023. In un comunicato del 2020, l’Agenzia Mondiale Antidoping ha dichiarato di aver ricevuto finanziamenti dai governi di India (1 milione di dollari), Egitto (100.000 dollari), Arabia Saudita (500.000 dollari) e Cina (992.000 dollari) per un totale di 2,6 milioni di dollari destinati alla ricerca scientifica e alle attività di investigazione dell’Agenzia. Questi ultimi tre Paesi avevano già fornito contributi aggiuntivi (nel 2018 dal governo cinese erano arrivati 993.000 dollari come risulta dai verbali delle riunioni del comitato esecutivo della Wada), insieme a quelli di Australia, Azerbaigian, Brasile, Danimarca, Francia, Giappone, Kuwait, Polonia e Stati Uniti, nonché dal Canada, dalla città di Losanna e dal Cantone di Vaud in Svizzera. Contributi che si sono aggiunti a quelli annuali dei governi al bilancio ordinario della Wada, al fine di rafforzare la ricerca scientifica e i programmi I&I, come stabilito nel 2019 dal Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) Thomas Bach, per un totale di 5,2 milioni di dollari in più per il sistema antidoping globale".

Gli atleti cinesi coinvolti

"Bene, direte voi: avere a disposizione questa montagna di denaro per fare la lotta al doping è di certo una bella notizia. Peccato che, a volte, questa lotta risulti a geometria variabile, a seconda dei bersagli. Per esempio: nei due anni precedenti lo scandalo della Trimetazidina, la Cina ha contribuito con quasi 2 milioni di dollari in più rispetto al fabbisogno annuale della Wada", con uno dei due milioni di dollari "concepito per rafforzare l'unità investigativa e di intelligence". Meraviglioso. Così, consapevoli di questo rafforzamento, i duri e puri dell'antidoping si aspettano indagini a tappeto, interrogatori, sospensioni, ricorsi al Tas quando, nel gennaio 2023, otto mesi prima delle Olimpiadi giapponesi, la diramazione pechinese dell'Agenzia riscontra 28 casi di positività sui 23 nuotatori riuniti nello stesso albergo. Fra gli atleti coinvolti, c'erano anche Wang Shung e Zhang Yufei che poi vinsero addirittura l'oro in Giappone (e sono andati a medaglia pure a Parigi). C'era anche Qin Haiyang, tre medaglie ai Mondiali 2023, oro nella staffetta mista in Francia). La versione ufficiale di Pechino parlò di "contaminazione accidentale" causata dalle cucine dell'hotel. La  sostanza proibita trimidazina non era contenuta negli alimenti, ma è presente nel farmaco contro l'angina pectoris che nessun dipendente dell'albergo risultava assumesse. Peraltro, la trimidazina non è il clostebol che non procura nessun vantaggio a chi l'assume involontariamente in quantità inferiore a un miliardesimo di grammo. La sostanza trovata nei test pechinesi aumenta il flusso sanguigno e riduce la fatica.

Le parole di Tygart

La Wada, però, nonostante "il rafforzamento dell'unità investigativa e di intelligence", accettò indefessamente le spiegazioni asiatiche, non andò su tutte le furie perché gli atleti non erano stati né interrogati né sospesi, infischiandosene delle regole di Montreal, come risulta dal rapporto indipendente redatto in 63 pagine dall'arbitro i svizzero Eric Cottier. E siccome piove sul bagnato, venerdì scorso un rapporto esclusivo del New York Times e della tv tedesca Ard ha rivelato che, a causa dell’errore del computer, la Wada “ha perso le tracce di oltre 900 risultati dei test” di atleti accusati di violazione delle norme antidoping prima delle Olimpiadi. Alle quali avrebbero regolarmente partecipato. Al che, Travis Tygart, capo dell'Usada, l'agenzia antidoping americana, ha dichiarato: "Nel caso qualcuno avesse avuto qualche dubbio in precedenza, quest’ultima rivelazione sembra mostrare quanto sia necessario che tutti coloro che chiedono uno sport trasparente si uniscano al Comitato Olimpico Internazionale e alle autorità pubbliche nel raddrizzare la nave. Attualmente, la lotta globale contro lo sport non pulito è più frammentato e diviso di quanto non lo sia stato da quando la Wada è stata fondata nel 1999 e la fiducia degli atleti e del pubblico nell’ente è ai minimi storici”. Forse meno di un miliardesimo di grammo?

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