Sinner Transformer per Medvedev: agli US Open va in scena una finale anticipata

Il numero 1 è in crescendo e sulla sua strada trova sempre il russo che ha battuto in finale in Australia e contro cui ha perso a Wimbledon

Il prezioso contributo del Washington Post a una più accurata definizione fenomenologica di Jannik Sinner, è durato lo spazio di un sorriso, forse di uno sghignazzo, data la sua evidente inutilità. L’assonnato numero uno di un tennis soporifero, “che addormenta gli avversari e il pubblico con il ritmo soffocante dei suoi colpi” (ma si può?) ha tenuto in realtà desti i ventiquattromila dell’Ashe Stadium per due ore e quarantadue minuti, impegnandoli mentalmente - il tennis è gioco mentale anche per gli spettatori, a quanto pare - nel decifrare come faccia il nostro a sentirsi a proprio agio nelle diverse fasi di un match che l’ha chiamato prima a rincorrere, poi al più classico dei testa a testa, infine ad applicare le ciniche regole di un impenetrabile dominio quando l’avversario Tommy Paul, ormai ridotto a uno straccio, gli ha consegnato le chiavi dell’incontro.

Il "Trasformismo" di Jannik Sinner

Fa parte del gioco, si dirà. Si cercano attributi per Jannik Sinner, che già di suo ne possiede di eccezionali dimensioni, ma è come un gioco di società, utile a definire il campione, ad appropriarsene, e un po’ anche innamorarsene. Niente di male. Di certo, quello che potrebbe apparire una sorta di fluido alla kryptonite proveniente dai colpi di JS, tali da disorientare e indebolire gli avversari, ha spiegazioni terrene più che aliene. Esse vengono dallo spirito di adattamento coltivato dal ragazzo con impegno estremo, al punto da fornirlo di doti trasformistiche fortemente sviluppate. Trasformismo, se mi seguite, da considerare nell’accezione primaria, che in biologia è una fase decisiva dell’evoluzionismo. Niente a che vedere con il significato tutt’altro che positivo (ma ritenuto prassi normale ai tempi delle sue prime applicazioni, negli anni intorno al 1880) che la politica gli ha via via appiccicato. In realtà Sinner è un transformer cui spuntano le ali quando serve volare, diventa una bat-mobile per seminare avversari, e può aumentare la potenza di fuoco nei casi più estremi. Un camaleonte meccanico, che varia forme e sembianze alla bisogna, e sa essere spietato inseguitore quando Paul gli porta via i primi due servizi, già pregustando di prendere a morsi il primo set. Lì Jannik ha replicato con 5 game, uno sull’altro, ritrovando d’incanto il ritmo inarrivabile che gli permise di spianare la concorrenza agli Australian Open. Poi ha tenuto bordone nel tie break del secondo set, sul 4-4, in uno scambio di diciotto colpi arroventati, che ha chiuso con un passante che ha avuto effetti deflagranti sull’americano, tali da indurlo a farsi da parte nella terza frazione.

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Sinner nel club degli otto

Bella sfida, però, con un avversario intelligente e di buonissimo tennis. Karma Chameleon, diceva un brano degli anni Ottanta, eseguito dai Culture Club. Lo stesso deve aver pensato Tommy Paul, ma alla romana - lui che si è detto una volta (chissà perché) di fede laziale - dove Karma può essere tradotto solo con “calma, calmati, datte ‘na calmata”. Dici quarti di finale e pensi che Sinner, quest’anno, non è mai sceso sotto questo livello. Vittoria agli Australian Open, semifinale al Roland Garros, quarti a Wimbledon. Ora gli US Open. Primo italiano a compiere l’impresa, e come tale proiettato in un Club di otto tennisti che hanno fatto la Storia. Djokovic e Federer, vi sono riusciti otto volte, Nadal 5, Murray 4, Ferrer 2, Wawrinka e Agassi una sola volta. dal Duemila. L’ottavo è appunto Sinner. Ma non basta. I quarti agli US Open, il risultato migliore di Sinner in zona Corona Park - già ottenuto nel 2022, quando il nostro si fece bruciare da Alcaraz un vantaggio di due set a uno - portano con sé l’ennesima sfida con Daniil Medvedev.

Sinner e l'eterna sfida con Medvedev

La tredicesima della serie (al momento 7-5 per il russo), e la terza in una stagione che ha visto i due fronteggiarsi nella finale australiana, poi di nuovo nei quarti a Wimbledon. Vittoria di JS a Melbourne, poi di DM nei Championships, sempre al quinto set. I bookmakers danno i due quasi alla pari, con un lievissimo vantaggio per l’orso Medvedev, che su questi campi ha vinto il suo unico Slam (2021) e giocato altre due finali delle cinque disperse. Una preferenza impercettibile, dovuta alla buona disposizione nei colpi e nell’animo mostrata fin qui dopo un avvio di campagna Usa tentennante. Opinione che mi permetto di non condividere, visto che il russo ha lasciato per strada un set (Lajovic), proprio come Sinner (McDonald), il quale però si è intrattenuto con avversari ben più accreditati (come Paul, numero 14, per l’appunto). E nel 7-5 per Daniil, va considerato e conteggiato che Jannik da Pechino 2023 ha rifilato al russo un emblematico 5-1, cinque vittorie tutte lsul veloce, all’aperto o indoor che fosse. Piuttosto, spero che Sinner ricordi bene la poco fortunata kermesse sull’erba, quando fu costretto a chiamare i medici perché gli girava la testa (e magari anche altro, ma questo lo abbiamo saputo dopo). Non fu il russo a causargli il problema, certo è che Medvedev affrontò quel match con uno spirito rinnovato rispetto agli ultimi che lo avevano visto dominato da Sinner (i tre set della rimonta australiana, e ancora di più il confronto di semifinale a Miami, chiuso 6-1 6-2 dall’italiano). Quasi Daniil sia stato oggetto di un ripetuto e profondo maquillage voluto da coach Cervara. Della propria filosofia, del credo tennistico, perfino del comportamento, dal quale sono spariti gli eccessi, le occhiate a presa per i fondelli, e certe inutili scenette che disponeva sul palcoscenico quando pensava di essere l’unico a potersi opporre a Djokovic. Dev’essersi sentito obbligato a riprendere in mano la propria vita, ad attrezzarsi alla bisogna. E tornare a crescere, cosa che lui forse aveva messo tra le pratiche meno urgenti. Sarà una sfida importante, una finale anticipata che introdurrà a quella con il titolo in palio. Se vince Medvedev tornerà quarto e spingerà Djokovic al quinto posto in classifica. Se toccherà a Sinner trionfare, il nostro potrà ritenersi in fuga, a distanze siderali dalla concorrenza, con 3290 punti su Alcaraz e 4420 su Djokovic. Un ragazzo, anzi un uomo solo al comando...

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